domenica 30 ottobre 2011

L'agente Harrison e la banda degli Sharks. Episodio 20


Riappacificazione!

Alfred condannato all’ergastolo sperava in una riappacificazione con Tony anche se aveva ancora un po’ di rabbia dentro.

La cella in cui era rinchiuso era piccola, vuota, senza un compagno con cui parlare, con una sola piccola radio da ascoltare.
La noia aleggiava nelle giornate di Alfred, totalmente depresso, conoscendo il suo destino là dentro.
In una calda serata, quando il poliziotto venne a portargli da mangiare, gli consegnò una lettera.
Incuriosito Alfred la aprì con violenza e iniziò a leggere …

LA, 4/11/2011
Caro papà,
eccomi qui a scriverti, lo ammetto, mi manchi.
So che in questo momento mi odi, so bene che forse non arriverai alla fine della lettera, perché prima della decima riga le mie parole non varranno più nulla.
Sto sprecando il mio tempo, lo so, forse appena avrai riconosciuto il tuo cognome sulla busta, l’avrai lanciata tra le sbarre della finestra, senza pensare perché avrei dovuto avere un motivo valido per scriverti.
In effetti, non ne ho uno.
E’ stata la mamma a convincermi, già, proprio lei.
La persona che ha fatto cominciare tutto.
La persona grazie alla quale siamo qua.
Io, per la verità, ho un altro motivo.
Non so cosa mi ha spinto a entrare in quella banda, il fatto di essere qualcuno forse.
Il fatto di essere temuto, cercato, il movimento, l’azione, la paura di essere catturato.
Detto tra di noi, se io non fossi entrato nella banda, il tuo piano avrebbe funzionato.
Non riesco a capire di chi può essere la colpa.
Comunque, mi dispiace, se mi odiassi, non ti biasimerei.
Ti voglio bene.
Tony

L'agente Harrison e la banda degli Sharks. Episodio 19

La cena dell'inganno.

... Allora il cuoco raccontò come aveva fatto a mettere le impronte digitali dei membri della banda sui 10 coltelli .

Fingendo di voler cedere ai loro ricatti e giungere a un accordo definitivo, aveva chiesto ai membri della banda di fare una cena al ristorante un giorno che era chiuso; quella sera discussero i loro affari e tutti toccarono i coltelli. Questi facevano parte di una fornitura appena comprata da José.

Ovviamente Tony non si era fatto vedere dal padre, ed era stato sostituito da un fratello di Fabian.

Il cuoco dopo cena pulì attentamente i coltelli senza eliminare le impronte della banda o metterci le sue. Alfred  pensava di prendere due piccioni con una fava: coprire il suo delitto passionale e liberarsi dei ricattatori che gli chiedevano il pizzo.

Tutto era andato perfettamente secondo i piani, finché Harrison non aveva arrestato il figlio del cuoco...


L'agente Harrison e la banda degli Sharks. Episodio 18

Gelosia!


Alfred si era appena recato in questura con la moglie Janet, distrutto dai sensi di colpa per avere lasciato accusare ingiustamente suo figlio. Entrò nella stanza con il cuore che gli batteva a mille, si mise a sedere, chinò il capo e gli occhi si riempirono di lacrime, e iniziò il suo drammatico racconto: si era lasciato trascinare dalla gelosia e ne era diventato schiavo, era ossessionato dall’idea che sua moglie Janet potesse tradirlo. Con l’arrivo di José come fornitore, tutte le sue paure erano diventate realtà, fino al punto di scoprirli insieme. Alfred ha ucciso a coltellate José e ha messo i coltelli intorno al cadavere e una lettera S sul soffitto per depistare le indagini. La rabbia l’aveva accecato e trasformato in un crudele assassino. Janet che aveva assistito alla confessione rimase atterrita.

L'agente Harrison e la banda degli Sharks. Episodio 17

La sparizione di Tony.
Una mattina Alfred, nel suo ristorante, iniziò a fare pulizie con i suoi dipendenti, che lo guardarono in modo strano, e tra di loro confabularono qualcosa. Alfred per un po’ fece finta di niente, pensando che fossero vecchi pettegolezzi, fino a che, verso le undici non arrivarono due anziani signori del posto, che lo informarono che il figlio, alla mattina, non era affatto alla fermata dell’ autobus, anzi, nessuno del quartiere quella mattina l’ aveva visto andarci. Alfred nella sua mente pensò: ”Quando tornerà a casa gli insegnerò io a sparire così, lo farò sparire nella sua stanza per un mese, quel che farà sarà solo studiare e andare a scuola, così imparerà a disubbidirmi ancora! “.

Nel pomeriggio Tony non si fece ancora vedere, ed il padre, sempre più infuriato, iniziò ad apparecchiare i tavoli, e a mettersi in cucina per preparare qualcosa in anticipo. Durante la serata arrivarono molti clienti, uno più curioso dell’altro, visto che in quartiere la voce della bravata di Tony si era già sparsa. Ad un certo punto tutti iniziarono a fissarlo, e non ce la fece più a resistere e con violenza gridò: ”Si può sapere cos’avete di tanto bello da dire su mio figlio che io non so?! “.

Un cameriere decise che era giusto che lui sapesse la verità su suo figlio, lo prese da parte e gli spiegò: ”Vedi Alfred, so che non è una cosa facile da capire per un padre, ma tu devi sapere che … Tony stamane non è andato a scuola, è una settimana che non ci va ed ecco … lui fa parte della banda degli “Sharks”: tuo figlio ha passato con loro l’ ultima settimana. E non è tutto … è stato arrestato e non gli hanno permesso di chiamarti, così ora sai tutto!”. Alfred stupito rispose: ”Cosa? Perché io non sapevo niente, perché, perché? … Devo andare da lui “.

Così si precipitò da Harrison …

L'agente Harrison e la banda degli Sharks. Episodio 16


Il figlio del cuoco.


Tra i ragazzi catturati e condotti al Dipartimento di polizia di  Los Angeles c’era anche Tony, il figlio di Alfred, il cuoco proprietario del ristorante.
Tony era seduto e legato ad una sedia di ferro e quando Harrison e il suo assistente entrarono nella sala lui diventò bianco come un fantasma.
Ecco che l’assistente di Harrison, Steve, gli pone una serie di domande ma lui non risponde perché vuole dimostrare di essere fedele alla banda degli Sharks, in cui è entrato da poco. Rispose negativamente ad una sola domanda:  “Hai ucciso tu Josè?”.
Gli richiesero ancora due volte le stesse cose e lui non rispose; allora Steve si innervosì e gli mise un bicchiere di vetro in bocca e poi gli tirò un pugno che frantumò il bicchiere nella bocca di Tony.
Tony aveva tutta la bocca tagliata e sanguinante ma si ostinava a non rispondere e quindi Steve prese due fili elettrici e cominciò a farli toccare l’uno con l’altro per fare delle grosse scintille che avrebbero sicuramente spaventato Tony: se così non fosse stato lo avrebbe folgorato alla gamba.
Ma Tony alla vista dei fili si spaventò e cominciò a rispondere a tutte le domande e confessò anche di far parte della banda degli Sharks.

sabato 29 ottobre 2011

L'agente Harrison e la banda degli Sharks. Episodio 15

La banda sgominata.
Fabian gli confessò tutti i rimanenti 6 nomi dei componenti della banda.
L’agente Harrison inizia la ricerca di tutti i membri della banda ancora liberi.
Dopo averli catturati ed interrogati, riconsidera le sue ipotesi: le impronte sui coltelli collimano, tranne quelle del più giovane degli arrestati. Harrison comincia ad avere dei dubbi: non è più tanto convinto che il delitto sia opera della banda. Bisogna interrogare il ragazzino ...

L'agente Harrison e la banda degli Sharks. Episodio 14

Un drammatico interrogatorio.


Era l’una di notte e il capobanda aveva ancora le manette alla schiena. Harrison lo portò all’interno della sala dell’interrogatorio e appena entrati gli tolse le manette e lo fece sedere alla scrivania, dove anche Harrison si sedette.
 “Hai da fumare?” chiese il capobanda a Harrison. “Sì, naturalmente!” gli rispose, con tono tranquillo.
Harrison gli chiese nuovamente: “Quali sono gli altri membri della banda?”
Fabian rispose: ”Quale banda?”.
Harrison gli disse di non prenderlo in giro e di fare i nomi degli altri membri, ma il capobanda sembrava intenzionato a tacere.
A questo punto Harrison si alzò di scatto e con una mossa fulminea prese per il colletto della camicia il capobanda e lo sbattè contro lo specchio che andò in mille pezzi.
Harrison lo rialzò mettendolo al muro.
A questo punto Fabian disse: ”Questo non è legale, non lo puoi fare”. Harrison in preda all’ira disse: “Sono io la legge!!!” e gli diede una testata in faccia che gli spaccò il naso.
” Ti decidi a parlare?!”; Fabian ribatté con tono deciso:”No, bastardo, non parlerò”, e allora Harrison, che aveva quasi perso il lume della ragione, gli sferrò un pugno in faccia e successivamente una ginocchiata nello stomaco che lo piegò in due e lo fece cadere a terra dolorante.
Infine il capobanda si alzò e in una maschera di sangue disse: ”Ok capo, parlerò”.

L'agente Harrison e la banda degli Sharks. Episodio 13


La cattura di Fabian.

Subito dopo la cattura del capo degli Sharks, Harrison gli chiese di fare i nomi degli altri membri del gruppo.
Fabian rispose: - Non ti dirò mai chi sono gli altri componenti della banda!
-          Allora prendi uno schiaffo!! Ti è piaciuto? Hai ucciso tu José? Allora?
-          No, non l’ho ucciso io!
-          Non ci credo! Tutte le tracce conducono a te.
-          Glielo giuro, non sono stato io!
-          Andiamo alla centrale ... Riprenderemo la discussione con la dovuta "calma" ...

L'agente Harrison e la banda degli Sharks. Episodio 12


Il patteggiamento.

Matilda uscita dal carcere andò al dipartimento di polizia.
L’agente Harrison la fa accomodare nel suo ufficio e le spiega perché il nipote era stato arrestato e subito dopo le propone un patteggiamento: se Oliver fa il nome del capo banda, potrà ottenere uno sconto della pena.

L'agente Harrison e la banda degli Sharks. Episodio 11

La nonna Matilda.

Fabian, il capo della banda degli Sharks, ha scoperto che la polizia ha catturato tre ragazzi del gruppo.
Preoccupato che potessero rivelare gli altri nomi della banda si precipitò subito alla casa di uno dei tre, Oliver Danson.
Suona. “Buongiorno”, gli rispose una signora anziana, la nonna Matilda:
-          Ci conosciamo?
-          Per adesso no, ma ci conosceremo!
Matilda preoccupata chiama suo figlio Stephan (il padre di Oliver). Urla:
-          C’è un signore strano alla porta ...
-          Mamma cosa stai dicendo?? Le hai prese le medicine?
-          Stavo cercando proprio te ... Signor Danson ...
-          Perché cercavi me?
-          Credo che abbia saputo che tuo figlio è in prigione, vero?
-          Sì, ma cosa c’entra questo?
-          E sì che c’entra, se il ragazzo prova a parlare io vi faccio saltare in aria a tutti, capito !!?
-          Senti, io non mi faccio ricattare da un ragazzino che al massimo avrà vent’anni, poi mio figlio fa quello che è giusto, non quello che gli dico io, ci siamo capiti? Adesso vattene.
-          Va bene, io vado ma stai con gli occhi bene aperti!


    Due o tre giorni dopo Fabian entra dalla porta del retro e inizia a mettere l’alcool per terra, accende l’accendino e lo lascia cadere. La nonna  Matilda va in cucina perché sente sbattere la porta; vede un piccolo fuoco per terra e inizia a urlare: - È il ragazzo dell’ altro giorno che ha fatto questo!
    Stephan prende un po’ di acqua e spegne il fuoco.
    Matilda va a trovare Oliver in prigione e gli dice: - Quel ragazzo, Fabian, ci sta dando molto fastidio, tu confessa così lo mettono in prigione.
    -          Non posso anche se volessi perché io non sono così, non agisco alle spalle degli amici.
    -          Ma quale amico, io ho paura di tornare a casa!
    -          Dai nonna per favore, fallo per me, se ritorna ditegli che dalla mia bocca non uscirà niente. Va bene?
    -          Okay, ma…!
    -          Dai, vai che io devo rientrare!

      La nonna Matilda non molla e va a incontrare le altre due famiglie, e gli chiede:- Da voi è venuto un certo Fabian??
      La prima famiglia rispose: - Sì, a noi ha bruciato il giardino!
      La seconda famiglia: - A noi ha distrutto la macchina!
      Matilda: - Dobbiamo fare qualcosa!..

      L'agente Harrison e la banda degli Sharks. Episodio 10

      La minaccia del carcere federale.
      Harrison dopo aver catturato i tre membri della banda, li convoca con le loro famiglie alla centrale e propone, al primo che avesse parlato e rivelato gli altri membri degli Sharks, uno sconto della pena carceraria da tre anni a poco più di sei mesi.
      I tre però sembrano decisi a non parlare e non rispondono alla proposta di Harrison. L’agente non perde la calma e decide di allontanare le famiglie perché avrebbero potuto influenzare le loro scelte.
      A questo punto, il giorno successivo, li porta a visitare un carcere federale della zona.
      Entrati, nel salone centrale delle celle, alcuni detenuti gridano ai tre membri della banda: ”Dai amici, venite a trovarci !”; il carcere diventa una bolgia e il supervisore urla: ”Smettetela subito o vi mando tutti alla sedia elettrica” ed il carcere si zittì immediatamente. I tre ragazzi notano quanto sia difficile la vita da detenuto, ma i due membri più adulti, sembrano ancora decisi nella loro scelta, mentre il più giovane di loro, di nome Albert, è molto atterrito e sembra deciso a parlare …

      L'agente Harrison e la banda degli Sharks. Episodio 9

      Tatuaggi.
      Harrison, dopo aver catturato Eric, deve riuscire a catturare gli altri due membri della banda. Ma Eric si rifiuta di collaborare.
      Allora Harrison comincia la sua ricerca e nota anche che Eric ha un simbolo sulla mano e uno sul collo, e prima di cominciare la sua ricerca gli chiede cosa significa quel simbolo e lui gli risponde che è solo un segno per sapere che sono della banda.
      Harrison torna dalla sorella di José e le chiede una descrizione dei due per farne l’identikit e lei gli dice che uno è biondo e tutte le mattine va a giocare a flipper in un bar e l’altro ha i capelli a caschetto e ogni giorno va a correre in un parco vicino a casa sua.
      Harrison chiede un po’ in giro nel quartiere se hanno visto i due e riesce facilmente a individuarli e a catturarli.

      venerdì 28 ottobre 2011

      L'agente Harrison e la banda degli Sharks. Episodio 8

      La cattura di Eric.

      Harrison si mise sulle tracce di Eric, uno dei componenti della banda. Trovato l'indirizzo, Harrison si precipitò a casa sua ma Eric riuscì a scappare dal retro.
      Harrison lo inseguiva molto rapido ma arrivati davanti a un muretto Eric lo saltò agevolmente mentre Harrison ci mise un po'.
      Eric entrò in un vicolo per seminare l’agente. Harrison era molto stanco e rallentò; Eric allora ne approfittò e accelerò ma entrò in un vicolo cieco, guardò a destra e a sinistra, poi notò che alla sua destra c’era una scala antincendio.
      Salì per la scala con Harrison alle calcagna, però arrivati in cima la porta era chiusa, perciò Harrison lo catturò.
      Chiamò una macchina per trasportarlo in centrale per poi interrogarlo e scoprire altri indizi....

      L'agente Harrison e la banda degli Sharks. Episodio 7

      Una prima confessione.


      <<Si accomodi ancora un attimo>> disse Harrison con voce gentile.
      << Che rapporti aveva con suo fratello?>>
      <<Un rapporto non molto esaltante, ogni mese ci vedevamo, e ogni mese era sempre più distrutto…>>
      Fece un bel respiro e aggiunse: <<Ogni mese era minacciato dagli SHARKS e io ogni volta dovevo sborsare per lui!>>.
      <<Lei lo sa che con questa confessione noi la possiamo incriminare?>> disse Harrison stupito.
      Lei chinò la testa e ribatté :<< È vero, ma mi sono stufata di coprire quei bastardi! Non mi fanno più paura ora che hanno ucciso mio fratello …>>
      <<Mi potrebbe fare qualche nome?>> domandò l’agente.
      <<Sì, Eric Steffard, Albert Bristol e Oliver Danson… Questi sono quelli che so.>>

      L'agente Harrison e la banda degli Sharks. Episodio 6


      La sorella di José.

      La mattina Harrison andò dalla sorella di José per portarla al Dipartimento e interrogarla.
      Le fece un sacco di domande: se aveva dei sospetti su chi era il colpevole, se aveva visto qualche movimento strano … ma lei diceva di non sapere niente.
      Harrison cercò di farle ancora molte domande complicate per metterla in difficoltà e farla cadere in contraddizione; ma lei rispose a tutto con tranquilla sicurezza.
      A quel punto Harrison si convinse che lei effettivamente non sapeva niente riguardo al delitto.
      L’interrogatorio stava per finire e stava per farla andare via, quando lei ad un tratto balzò in piedi e disse: 
      - Basta! Non voglio più coprire quei bastardi!
      Harrison la guardava ansiosamente ...

      martedì 25 ottobre 2011

      L'agente Harrison e la banda degli Sharks. Episodio 5

      Un lampione straordinario.

      Harrison uscì dal ristorante. Erano le nove di sera. L’aria era nebbiosa, difficile da respirare. Le luci dei lampioni erano pallide, la luna era invisibile. Si mise le mani in tasca, camminando lentamente davanti all’ingresso, incerto sul da farsi. Era sicuro che il primo passo fosse identificare i componenti della banda degli Sharks. Prese il suo walkie - talkie e lo accese. Nessun messaggio.
      “Qui agente 76. Messaggio per reparto identikit. Mi servono informazioni su una banda di ricattatori, i cosiddetti Sharks. Sono in perlustrazione del quartiere, appena possibile contattatemi. Passo e chiudo”.
      Si calcò il cappello sul viso e salì sul motorino giallo parcheggiato malamente. Il ronzio del motore squarciava il silenzio ovattato che avvolgeva le strade. I vicoli più stretti erano preda del buio, le vie deserte parevano l’immagine di una città fantasma. Il quartiere intero era addormentato, ma quel sonno profondo nascondeva un assassino. Harrison cercava qualcosa, ma non sapeva cosa. Una stranezza, un dettaglio particolare.....un indizio, di qualunque genere.
      Sapeva per esperienza che le bande erano difficili da beccare, la strada era la loro casa, sapevano correre, nascondersi. Erano veloci e furbi come gatti randagi. Volevano farsi cercare, ma non si facevano trovare. Erano figli della notte, facevano parte della città, i muri e i tetti erano loro fratelli.
      Nella sua tasca si udì un BIP BIP! Harrison accostò a un marciapiede ed estrasse il walkie talkie.
      “Qui reparto identikit. Messaggio per agente 76. Abbiamo l’indirizzo del luogo dove gli Sharks hanno operato l’ultima volta. Via Jamie Hampson numero 129. Rimanga in attesa di altre informazioni. Passo e chiudo”.
      Bene, ottima notizia. Conosceva Via Jamie Hampson per i suoi numerosi ristoranti di classe. Aveva una pista. Accelerò vigorosamente, diretto verso la sua meta.
      Quando svoltò l’ultima curva, frenò bruscamente. Era abituato a vedere quella via sotto un’altra prospettiva. Colorata, gioiosa, piena di vita. Adesso vedeva solo un’interminabile strada grigia, illuminata dalla luce spettrale e soffusa dalla nebbia di un solo lampione. Tirò un sospiro e andò avanti, cercando il numero 129. Il numero 128 apparteneva a un negozietto di bigiotteria, e l’edificio seguente era un ristorante di lusso. Proprio come immaginava. Appoggiò il motorino al lampione che, stranamente, era esattamente in mezzo ai due edifici e si avviò verso le scale che portavano all’ingresso. Salito il primo scalino, si bloccò. Lesse il numero sulla mattonella di ceramica appesa accanto alla porta. 130. No. Impossibile. Doveva esserci un errore. Forse aveva letto male il numero del negozietto di bigiotteria. Eppure, la mattonella precedente diceva proprio “128”. Perplesso, tornò al motorino, cercando il walkie talkie nella tasca per chiamare la centrale di polizia e dire che il reparto identikit aveva sbagliato a dargli l’indirizzo. Era assurdo. Il numero 129 era inesistente.
      Bastarono cinque secondi e tre cifre per farlo ricredere. Una mattonella sbreccata appesa al lampione diceva “129”. Il walkie talkie gli cadde di mano. Ancora più impossibile. Ancora più assurdo. Il suo sguardo si spostò sulla pallida fiamma tremolante. Era indubbiamente un lampione di magnifica fattura, con arabeschi e sculture che lo decoravano. Ma in quarant’anni di vita a Los Angeles non lo aveva mai notato, forse perché di giorno non serviva. Spaventato, si avvicinò, cercando degli indizi. Uno dei vetri era rotto, e per terra c’erano ancora i frammenti. Estrasse dalla tasca interna del cappotto color ocra un vasetto di polvere bianca e uno spolverino. Non trovò una sola impronta su tutto il lampione. Si chiese per quale motivo gli Sharks avrebbero dovuto rompere il vetro di un lampione. Più che l’operato di una banda di ricattatori, sembrava la birichinata di qualche ragazzino.
      Mentre Harrison rifletteva, si udì un altro BIP BIP! dalla sua tasca.
      “Qui reparto identikit. Messaggio per agente 76. Novità? Passo”.
      “Qui agente 76. Nulla di nuovo. Avete altre informazioni? Passo”.
      “Abbiamo altri dati riguardo l’ultimo operato degli Sharks. È sul posto al momento? Passo”
      “Sì, ma l’indirizzo che mi avete dato appartiene a un lampione. È normale? Passo”
      “Sappiamo solo che la vittima del ricatto, la cosiddetta Angela Sullivan, era la proprietaria di una ditta che vendeva lampioni. Dopo varie minacce, la poveretta è stata costretta ad andarsene, abbandonando la ditta. In questo momento starà sorseggiando un tè da sua sorella a Edimburgo. Evidentemente il lampione di cui parla lei è stato fabbricato dalla sua ditta. La vecchia casa di Angela era poco distante da dove si trova lei. Se le può essere utile, abbiamo l’indirizzo. Via Jamie Hampson numero 145, quarto piano. Per il momento è tutto. Passo e chiudo”.
      Harrison rimase con lo sguardo fisso sul lampione. Possibile che quell’oggetto fosse talmente importante da attribuirgli un numero civico? Evidentemente sì. Cercò di ricostruire l’avvenimento in base a quello che sapeva. Angela Sullivan vendeva lampioni in una ricca ditta. Gli Sharks la ricattavano da tempo, ma lei non voleva saperne di pagare. Le minacce andavano avanti, finché lei ha deciso di andarsene da sua sorella a Edimburgo, abbandonando la ditta. Il lampione di Via Jamie Hampson doveva essere molto importante per Angela, tant’è che gli Sharks hanno deciso di romperlo. Quella doveva essere stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Dopo quell’ultima minaccia, Angela ha deciso di partire. Mancavano ancora vari pezzi, ma la storia doveva essere stata questa.
      Dato che non aveva niente di meglio da fare, decise di andare a dare un’occhiata alla vecchia casa di Angela. Risalì sul motorino e guardò l’orologio: 22:09.
      Percorse lentamente la via, cercando il numero 145. Si augurò che l’indirizzo non fosse di nuovo una fregatura, ma non fu così. Il numero 145 era un palazzo alto e striminzito, schiacciato tra un ristorante e una libreria. Si avvicinò al citofono. C’erano cinque campanelli, ma nessuno apparteneva a un cognome. Quel condominio era completamente disabitato. La porta era chiusa, ma non ci volle molto per aprirla con il passepartout. I cardini cigolarono. Harrison accese l’accendino per fare luce. Da una parte si vedevano le scale e dall’altra c’era un ascensore, ma era spento.
      Salì velocemente le scale fino al quarto piano. Sempre con il passepartout aprì la porta. Dell’appartamento non restava molto, solo un divano, un tavolo e qualche mobile. Harrison entrò, e si mise a cercare una candela. La trovò nella camera da letto, o meglio, quel che ne restava. Ad arredarla c’erano solo una scrivania vuota e un letto senza materasso. Si accese una sigaretta e si appoggiò alla scrivania, ragionando sul prossimo passo. Il suo sguardo cadde su un libro sgualcito per terra. Lo raccolse e lo aprì. La scrittura non era quella di un libro stampato, sembrava che fosse stato scritto manualmente. Era indubbiamente una scrittura femminile. Era un diario. Il diario di Angela Sullivan.
      Harrison prese una delle ultime lettere e la lesse.

      Caro Diario,                                                                                                                                              Mercoledì 23 Novembre
      Ore 19:45
      Oggi ho realizzato il mio sogno. Finalmente la mia opera è finita. È il più bel lampione che io abbia mai creato. Domani andrò dal sindaco e gli esporrò la mia idea. Via Jamie Hampson sarà famosa in tutto il mondo. Spero che accetti.

      Angela si riferiva sicuramente al lampione arabescato con il numero 129. L’idea da esporre al sindaco era quella di rendere la sua opera un monumento pubblico, e di valorizzarla attribuendogli un numero civico, attirando il mondo intero su Via Jamie Hampson.
      La data risaliva solamente a qualche settimana prima. Ecco perché non aveva mai visto quel lampione. Incuriosito, lesse l’ultima lettera.

      Caro Diario,                                                                                                                                                        Sabato 3 Dicembre
      Ore 14:57
      Ho paura. Mi perseguitano. Vogliono i miei soldi. Dopo che il mio lampione è diventato un monumento famoso, una banda di ricattatori non mi molla. Si chiamano Sharks. Sono dieci. Hanno assunto da poco un nuovo membro, è giovane, ma non sono ancora riuscita a vederlo. Ho visto invece altri due. Sono orribili, uno è rasato ed è coperto di tatuaggi, l’altro ha nove piercing, di cui sette solo sul viso, ha i capelli lunghi e i denti cariati. Sono loro che mi minacciano. Dicono che se non gli do i soldi mi accadrà qualcosa di brutto, ma io non voglio cedere. Ho cominciato invece a pensare di andarmene, ho già telefonato a Meg. Non voglio più stare qui. Ho lasciato la mia impronta nella storia e questo mi basta.
      Ore 23:13
      Basta, ho deciso. Me ne vado. Quei maledetti hanno rovinato il lavoro di una vita. Hanno rotto il mio lampione con un sasso. Sul sasso c’era scritto “È il nostro ultimo avvertimento”. Ma piuttosto che arrendermi preferisco andarmene, e dimenticare questa storia. Ho il volo prenotato per domani mattina. Addio, caro diario, ti abbandono qui, nella mia futura vecchia camera, con la speranza che, un giorno, qualcuno ti trovi e capisca che cosa ho passato. 

      Povera Angela. La sigaretta si spense. Harrison buttò il mozzicone fumante per terra e lo calpestò. Quel diario rappresentava un indizio più che consistente per identificare almeno due dei componenti della banda. Lo infilò sotto il cappotto e si diresse verso la porta. Spense la candela e la lasciò sul tavolo della cucina. Scese le scale e raggiunse il motorino. Guardò l’orologio: 22:59. Perfetto. Era ancora in tempo per raggiungere la centrale, depositare il diario al reparto identikit e tornare a casa in tempo per guardare l’ultima puntata della sua serie preferita.
      Accese il motore, estraendo il walkie talkie dalla tasca. Un ultimo messaggio volò dall’altra parte della città mentre un lampo color ocra attraversava le vie silenziose di Los Angeles, accompagnato da un ronzio che si perdeva nella nebbia.
      “Qui agente 76. Messaggio per reparto identikit. Ho del lavoro per voi! Sto rientrando in centrale. Per oggi è tutto. Passo e chiudo”.

      L'agente Harrison e la banda degli Sharks. Episodio 4


      L'interrogatorio di Susan.

      Harrison ha deciso di interrogare Susan, la cameriera che insieme alla donna delle pulizie ha scoperto il cadavere di Josè. Harrison interroga la donna.
      H.< Ha notato qualcosa di insolito? C'è qualcuno che vi ricatta? Perseguita? Mi dica tutto quello che sa, anche i più piccoli particolari.>
      S.< Abbiamo notato solo l'enorme S e il cadavere circondato da dieci coltelli insanguinati.>
      S.< Però, sì, ecco, nel quartiere c'è una banda di ricattatori...gli SHARKS. Non sappiamo se Josè abbia mai avuto contatti con queste persone ... Era una brava persona, ci forniva coltelli...>
      ...Harrison esamina il cadavere...
      <Dovremmo rilevare le impronte digitali, per vedere se questi Sharks c'entrano veramente qualcosa> disse H.
      A quel punto intervenne Alfred, il cuoco: <So per certo che sono stati loro! Non c'è bisogno di rilevare le impronte!La S sul soffitto è la prova!>
      H. guardò attentamente il cuoco alzando un sopracciglio, osservò la macchia rossa che gocciolava, con aria confusa.
      <C'è qualcuno con cui posso parlare che aveva rapporti stretti con Josè? Parenti, amici..?> chiese H.
      Susan rispose: <Josè aveva una sorella, ma ora dovrebbe essere a una festa sulla spiaggia. È una famosissima DJ, ed è praticamente impossibile parlarle dalle 20.30 alle 5 di mattina.>
      H. rifflettè: <Molto bene, allora vorrà dire che l'andrò a trovare domani mattina, qualcuno può darmi il suo indirizzo??>
      Susan continuò: < Via Palm Beach 92>.
      < Penso che sia sufficiente per iniziare un'indagine. Abbiamo dei sospetti e dei riferimenti; e devo dire che mi sembra la pista giusta. La centrale vi manderà degli addetti che rimuoveranno il cadavere. Grazie delle informazioni> concluse Harrison, ma prima che potesse uscire, Alfred gli urlò dietro: < Stia attento a quei tipi. Fanno sul serio!>
      Harrison si girò e gli fece un cenno e un sorrisetto, abbassandosi il cappello sugli occhi.

      L'agente Harrison e la banda degli Sharks. Episodio 3


      S come sangue.

      L'agente, arrivato sul posto, trovò il cadavere per terra, era messo a pancia in su e attorno a lui c'erano dieci grandi coltelli da cucina insanguinati.
      Harrison si chinò sul corpo per esaminarlo, mentre lo stava guardando, uno strano liquido gli andò sulla mano, pensando che fosse acqua non guardò nemmeno e si asciugò senza dubitare di nulla.
      Il morto era vestito con un paio di pantaloni neri simili a quelli di uno smoking, una camicia bianca, la cravatta azzurra e bianca e una giacca nera. Aveva con sé una valigetta di pelle marrone; era un latino-americano, aveva la faccia un po' allungata, il naso a patata e le labbra carnose. Era color caffèlatte e aveva un po' di barba.
      Harrison dopo aver esaminato il corpo decise di guardare cosa c'era dentro la valigetta, ma, appena cercò di prenderla, una goccia di sangue cadde sulla valigetta, l'agente si guardò la mano, era anch'essa sporca di sangue, nonostante non avesse toccato il cadavere; alzò la testa, e vide un'enorme S scritta sul soffitto con il sangue. Harrison, aprì poi la valigetta, ma non c'era nessun documento particolarmente interessante o che riguardasse il fatto, qui però l'agente capì che la vittima era un fornitore abituale del ristorante.
      Dopo di che fotografò la scena e andò via.
      Cominciarono così gli interrogatori. 

      L'agente Harrison e la banda degli Sharks. Episodio 2


      Schizzi di sangue.

      Dodici rintocchi. È da poco passata la mezzanotte.
      La donna delle pulizie di un noto ristorante di Los Angeles, che sta pulendo le cucine, appena entrata nel corridoio nota che davanti ai suoi piedi ci sono degli schizzi rossi.
      Subito dice: ”Questi cuochi! Sempre a sporcare, e io sempre a pulire per quella misera paga che mi danno a fine mese!”.
      Andando avanti però nota che la chiazza di liquido rosso si allarga a vista d’occhio e quasi subito si accorge che si tratta di sangue … la paura cresce dentro di lei, ma la curiosità è immensa e, facendosi coraggio, decide di andare avanti.
      Le sue scarpette marroni si macchiano di rosso e dopo pochi metri scopre che dietro un tavolo da lavoro, sul pavimento, c’è un cadavere.
      Subito scoppia in un grido assordante e a malapena riesce ad evitare i coltelli a fianco del cadavere e corre immediatamente verso il telefono più vicino, per chiamare il dipartimento di polizia della metropoli americana.

      L'agente Harrison e la banda degli Sharks. Episodio 1


      Lettera dal carcere.

      Tony, in carcere assieme a tutto il resto della banda, riceve una lettera dalla madre che lo convince a scrivere al padre, in carcere pure lui.
      LA 25/10/2011
      Caro Tony,
      non so ancora spiegarmi per quale motivo sei entrato nella banda degli Sharks. Per fare poi cosa? Per ricattare le persone affinché vi pagassero? Per farti solo vedere? Per saccheggiare  negozi? Quello che ti frulla in testa non lo saprò mai. Comunque,  tutti e due dobbiamo chiedere scusa a tuo padre, che è all’ergastolo per colpa mia. Scrivigli una lettera. Lo vorrei fare anch’io, ma sento che non mi può ancora perdonare. In questa lettera chiedigli scusa almeno tu e spiegagli perché sei entrato nella banda e perché ci hai mentito.
      Ti prego, è importante che tu chieda scusa a tuo padre e, forse facendo così, tornerà a fidarsi di te.
      Spero che gliela scriverai, un grosso bacione
      La tua mamma Rosy

      All’inizio Tony non voleva scrivere al padre perché provava rimorso verso di lui, ma poi, parlando con il suo compagno di cella, si convinse. Prese carta e penna, si sedette al tavolo e iniziò a scrivere la lettera da inviare al padre in carcere,  chiedendogli scusa per essere entrato nella banda.
      Riki, il compagno di cella di Tony, incuriosito gli chiese perché era lì in carcere.
      Tony all’inizio non gli disse niente, ma dopo le insistenze del compagno, gli raccontò la storia del delitto.

      sabato 22 ottobre 2011

      Piewarts


      Piewarts è una scuola magica, per maghi.
      Piewarts era una scuola normale finché non arrivò un mago straniero che le fece un incantesimo, che la trasformò in un enorme castello.
      Il castello ha tante torri quanti professori ci sono nella scuola.
      Inoltre in ogni “angolo” della scuola ci sono passaggi segreti che portano da una stanza all’altra.
      C’è anche una stanza dei segreti; dove sono contenuti in un libro magico tutte le decisioni, tutti i fatti successi in passato e ogni giorno si aggiunge qualcosa.
      Solo i professori possono entrare, se entra un allievo c’è un orco che lo ferma e lo manda subito in presidenza.
      In questa scuola ci sono molte stanze, ma una non è una stanza ma un giardino. Il giardino detto: ”Il giardino dei prof “, si trova dietro la scuola, dove ogni sera i prof si riuniscono per prendere decisioni sulle classi.
      I prof e gli alunni per comunicare a casa mandano lettere con piccioni addestrati.
      Piewarts è divisa in 2 parti: A e B.
      Si entra in questa scuola quando hai almeno 11 anni e rimani fino a quando non hai finito la terza.
      Le classi sono: 1°a ,2°a, 3°a, 1b, 2b, 3b e si sfidano sempre, A contro B.
      Le classi non le decidono i prof ma un “Diario parlante”.
      Nella A sono più bravi e più “studiosi”, invece nella B sono più “rumorosi”.
      Nelle sfide A contro B, molto spesso vince la B, in “giochi” sia di intelligenza, sia di abilità.
      Questa è Piewarts.  


      La scuola di Piewarts è una scuola di magia, dove si impara la magia.
      È una scuola abbastanza piccola con un cortile dove si impara a volare con la scopa. La materia in cui si impara a volare con la scopa è fisica.
      A scuola di magia si imparano tante cose, e si impara anche a maneggiare la bacchetta magica.
      Ci sono tanti ragazzi che quando non fanno i compiti a casa li vogliono fare con la magia: nel momento in cui si devono correggere prendono la bacchetta in mano e provano a farli con la magia, ma non ci riescono, perché ancora non sanno né le formule né sanno tanto usare la bacchetta, e gli escono tante cose strane: qualcuno riesce a farli con la magia mentre altri meno bravi invece di mettere il compito sul foglio lo scrivono sul banco.
      La giornata è divertente e la matematica della  magia è difficilissima.
      Ma per fortuna c’è italiano magico che è divertente .
      Alla fine della giornata tutti  vorrebbero stare ancora a scuola.



      C’era una volta una scuola magica chiamata “Piewarts”, dove i ragazzi facevano cose contrarie a quelle che si fanno normalmente e gli alunni venivano chiamati “tipixy”.
      In questa scuola non si facevano le materie da studiare ma si imparavano dei giochi di magia. Ad esempio “lava velocemente”: con la magia si dovevano lavare le cose e chi finiva prima vinceva un voto. Là le persone non c’era bisogno di promuoverle ma bastava solo avere il giorno dell’esame la bacchetta magica con dei nuovi giochini dentro e si era promossi .
      In quella scuola si studiavano solo le frasi da pronunciare per fare una magia.
      Nella mensa c’erano immense file di tavoli per mangiare con sopra solo dei piatti, acqua e bicchieri. Perché ogni alunno se voleva mangiare doveva procurarselo con la bacchetta magica.
      Poi si dormiva a scuola, tutti in una stanza insieme con più di mille letti che con la magia si allungavano e si ristringevano.




      Mi chiamo Silvia, frequento la seconda media in un paesino di campagna chiamato Piewarts.
      Nella mia scuola un giorno come tanti durante l’intervallo abbiamo sentito un sussulto e abbiamo pensato che fosse il terremoto ma visto che la scossa è durata pochissimo tutti  noi ragazzi siamo tornati a fare quello che stavamo facendo prima.
      Durante la lezione, dopo l’intervallo, ci siamo accorti che quella scossa aveva provocato una crepa nel pavimento. Da quella crepa, ad un tratto, uscì un vapore verdastro e subito dopo la crepa si allargò per fare uscire una creatura. Quella creatura era un drago che invece di sputare fuoco sputava una sostanza appiccicosa con la quale una volta catturata la sua preda, la attirava a sé e la divorava.
      Impauriti ci siamo nascosti nello sgabuzzino dove solitamente le bidelle ripongono secchi e scope, ma lì tra i detersivi abbiamo trovato un libro, incuriositi abbiamo aperto il libro dove c’erano degli incantesimi da usare con creature fatate. Seguendo il manuale e prendendo alcuni detersivi abbiamo preparato una pozione con la quale abbiamo sconfitto il drago e richiuso il portale.




      Un giorno in una normalissima scuola si presentò una strega di nome:”ASPRA”.
      Era alta cicciona e piena di brufoli e lentiggini con i capelli lunghi grigi con le treccine  in disordine. Mandò una maledizione e disse: ”Gli alunni diventeranno dei piccoli maghi ma i professori e le professoresse delle rane”. Disse anche che per far tornare come erano i prof i ragazzi maghi dovevano superare tante prove. I bidelli erano diventati delle scope per volare. Subito i ragazzi iniziarono a fare quelle prove che la strega aveva annunciato.
      Le prove erano:

      • -      raccogliere 10 mele stregate che bruciavano
      • -      fare 150 esercizi di matematica: espressioni
      • -      scrivere in 100 fogli protocollo tutto l’alfabeto
      • -      leggere un brano di 4000000 pagine
      • -      dormire solo un’ora ogni 5 settimane
      • -      non giocare
      • -      mangiare solo riso in bianco
      • -      fare 150 salti con la corda senza mai fermarsi
      • -      mangiare 100 torte in un’ora e mezza
      • -      e bere tantissima camomilla.
      Dopo 2 anni i ragazzi della scuola finirono finalmente quelle prove difficilissime.
      Tornarono tutti quanti  come prima. La scuola diventò  la più famosa e arrivarono tanti oggetti in regalo per la scuola.



      L'arrivo di Vaniglia

      Un giorno quando arrivammo a scuola trovammo una nuova alunna nella nostra classe, era molto particolare, era vestita con mille colori, aveva gli occhi neri, capelli lunghi, mossi e marroni come le castagne.
      I primi giorni di scuola stava spesso in disparte poi si ambientò e iniziò a stare sempre in mezzo alla gente e scoprimmo che il suo nome era Vaniglia. Da quando arrivò iniziarono ad accadere cose strane.
      Una volta, per esempio, tornando dalla mensa trovammo i banchi che volavano in cerchio, uno dietro l’altro, ben in fila; poi sempre stando in fila perfetta si appoggiarono delicatamente a terra; fummo tutti stupefatti, tranne lei che era tranquilla come “una pasqua”.
      Un'altra volta Vaniglia uscì dalla stanza segreta della scuola insieme ad un prof; in quella stanza non era permesso andare neanche accompagnati dagli insegnanti, come mai lei ci era entrata ed era anche uscita con un prof? Questo non lo sapeva nessuno come nessuno sapeva cosa vi era in quella stanza. Nessuno  tranne Vaniglia. Provammo a chiederle cosa ci fosse lì dentro e perché ci fosse andata ma lei rispondeva sempre “non so di cosa stai parlando” e poi se andava da un'altra parte …
      Era sempre molto misteriosa …



      Le prove di Clementina 

      Nella scuola di Piewarts c’era una bambina di nome Clementina. Un giorno Clementina litigò con la sua amica, aprendo lo zaino si ritrovò due follettini birichini che solo lei vedeva.
      Allora si presentarono: uno si chiamava Puf e l’altro Pof. Clementina raccontò ai folletti i problemi che aveva con la sua amica. I folletti dissero che potevano darle un consiglio però prima doveva superare tre prove. La prima consisteva nel trovare una pietra magica di tre colori: rossa, azzurra e arancione; la seconda prova consisteva nel cucire un tappeto magico lungo come una stanza; l’ultima prova consisteva nel cantare una ninna-nanna per far addormentare un essere che non dorme da più di 100 anni. Le diedero una penna modernissima. Clementina guardò la penna e si domandò a che poteva servirle.
      Prese un foglio e la penna disegnò una pietra, Clementina la guardò e disse:” Va bene. È una pietra, ma i colori? E cosa me ne faccio del disegno?” Appena finì di formulare quel pensiero la pietra finta si animò e cadde sul piede di Clementina: ”Ahia!” ma... che bella!!!”
      Ecco una pietra stupenda dai tre colori: ”Grazie penna magica. Però come farai ad aiutarmi per il tappeto?”. Immediatamente si mise a disegnare un gomitolo di lana e come per la pietra diventò vero e il suo filo sembrava non aver fine quando la biro si trasformò in fuso ed iniziò a tessere un bellissimo tappeto. La penna iniziò infine a scrivere una ninna-nanna dolcissima che avrebbe fatto addormentare quell'essere. Clementina era al settimo cielo, prese la penna, la baciò e la strinse a sé dicendo:”Grazie penna. Sembravi insignificante invece sei un tesoro. Resterai un oggetto prezioso per sempre anche se non farai più magie e non dimenticherò mai il tuo aiuto.” Forse proprio quella era stata la magia, perché da quel giorno Clementina fece pace con la sua amica iniziando un'amicizia più serena e sincera, tutto per un pezzo di plastica.


      I due maghi: Luciano Silente e Stella

      Ciao a tutti, mi chiamo Mara ed ora vi racconto quello che accadde molto tempo fa. Un giorno nella scuola di Piewarts accaddero molte cose.
      Quel giorno arrivò una ragazza bellissima che si chiamava Stella. Era bionda, capelli lunghi fino al fianco, occhi azzurri e vestiti tipo strega.
      Subito era timidissima, ma noi cercavamo di farcela amica.
      Ma nell’ora di Silente (nell’ora di italiano) io vidi una cosa lunga nella sua borsa, come se fosse una bacchetta magica. Infatti nell’intervallo del mattino, io e le mie amiche non vedevamo né il prof. Silente né Stella.
      Quando finì l’intervallo il prof. Silente e Stella arrivarono 20 minuti dopo che era suonata la campanella. Dopo un mese tutta la scuola capì che il prof. Silente e Stella erano due maghi, ed ecco perché arrivavano sempre in ritardo alle lezioni. E allora tutta la scuola chiese se potevano diventare anche loro dei maghi. Il prof. Silente e Stella discussero un po’ e allora fecero tutto il mondo di maghi.
      In ogni  scuola c’erano due gruppi di maghi: Lucianonus e Magus. Chi sceglieva le persone era un mantello parlante.
      Il mantello decise che la 1 2 3 A erano dei Lucianonus e invece la 1 2 3 B erano dei Magus.




      Durante la lezione di informatica, insegnata dal prof.Silente, gli chiesi cortesemente di andare in bagno.
      Quando aprii la porta mi vidi davanti una persona, ma non sono sicuro che fosse una persona, pensavo fosse un troll; aveva due occhi gialli come il sole, uno strano cappello bucherellato, un golf viola ma ormai molto piccolo per lui, un naso aquilino con un brufolo proprio sulla punta e la cosa più divertente è che aveva le scarpe che ci stava due volte dentro.
      Con la paura e le gambe che tremavano gli chiesi chi era e mi rispose che era Barbarella la nuova bidella. Scappai  in laboratorio.





      Un tempo la scuola media di Pieve era una scuola come tutte le altre, fino a quando non venne un  certo preside, di cui non ricordo il nome, questo preside riformò la scuola, essendo un preside magico, la trasformò in una scuola magica, al posto della palestra c’erano le sale di erbologia e gufologia, al posto della sala computer  c’era la sala grande, in cui tutti si potevano rilassare prima e dopo le lezioni.
      Fuori c’era il grande campo da  quiddich , lo sport più praticato in questa scuola.
      La sala mensa era  almeno venti volte più grande, e c‘erano tutti i cibi  più uno.  Un  giorno un ragazzo  molto cattivo, di nome Oliuz, nascose un serpente  terribile, un basilisco che gettò nei sotterranei, dove crebbe, diventò un serpente lungo 10 metri e largo   20, che io stesso dovetti  uccidere, sì proprio io in persona, con l’aiuto dei miei  migliori amici   Martin e la splendida Bortola:  ci ritrovammo tutti e tre nei sotterranei,  per cercare un nostro compagno.
      Armati delle nostre bacchette magiche,  proseguimmo pur avendo sentito  un  forte rumore; andando avanti trovai una spada con delle incisioni, la presi e pensai che mi sarebbe tornata utile, feci ancora qualche  passo per raggiungere gli altri due, che trovai storditi per terra; sentendo un rumore  vicino alzai lo sguardo e mi trovai  faccia a muso con il basilisco, che mi parlò e mi disse che i miei migliori amici li aveva storditi lui.
      Provai a ucciderlo con tutte le magie da me conosciute, ma niente, neanche un graffio, allora il basilisco mi venne vicino per uccidermi, i miei amici si svegliarono e lo distrassero, io presi la spada e lo uccisi.




      C’era una volta, nella grande scuola di magia di Piewarts, un mago: Pievino il Birichino. Lui era di aspetto molto strano. Iniziamo dai capelli: erano ricci come stelle filanti che cambiavano a seconda dell’umore e diventavano di diverso colore: erano neri come sempre quando era arrabbiato, erano rossi se era innamorato e se era allegro verdi (quasi mai).
      Come avrete capito erano sempre neri! La sua faccia era normalissima, non proprio, perché aveva una barba bianca e nera lunga, ma molto lunga, bianca perché la vecchiaia ormai stava arrivando e nera perché gli venne così per un esperimento riuscito male che gli fece anche perdere i capelli.
      Pievino era molto magro perché non pensava alla sua salute ma solo alla magia, allo studio di nuovi incantesimi da  provare.
      Insomma era un tipo strano e combinava molti guai nella grande scuola di magia di Piewarts.



      A Piewarts c’è un personaggio molto strano, si chiama Anlaids, è alto 4 metri, ha due tentacoli di fuoco, le branchie, è calvo e molto cattivo.
      Ha denti enormi, due occhi rossi, è sempre sveglio e non dorme mai, mangia sempre ed è insaziabile, vive nei sotterranei a guardia di pericolosi mostri schiavi di Alemort.
      Alemort è un demone nemico di Gianluca Potter figlio di Claudio Potter. Gianluca Potter è un mago molto potente, ha 12 anni, sa tante magie come: vinghardium leviosa, expetto patronum, levicorvus, espelialmus, stuperficium, reparo, accio, repuso …




      L’INCONTRO CON AGRED
      Appena fummo arrivati a scuola la vicepreside presentò tutti i professori che avremmo avuto e ci accompagnò nella nostra aula.
      La classe era molto bella ed abbastanza grande con una enorme lavagna magica che funzionava solo con una speciale penna, che teneva il nostro professore di italiano, geografia e della storia della nostra scuola, il professor Agred. L’insegnante era un omone grande e grosso con una foltissima barba, dei grandi stivali che saranno stati taglia cinquantadue, un enorme cappotto rosso, delle sopracciglia irsute ma con nessun capello in testa; giusto qualche pelucchio qua e là.
      Il professor Agred paradossalmente a quanto sembrava era buono e gentile, ma quando si arrabbiava le sue urla si sentivano nelle altre classi. L’insegnante inoltre aveva un’enorme pancia che gli teneva caldo probabilmente, visto che in inverno veniva a scuola in maniche corte. Dovete sapere però che lui era un genio in informatica, infatti tutti i computer della scuola li aveva programmati lui con le sue mani e con la sua inseparabile bacchetta magica, la sua migliore amica: la Marduk 10000.




      C’era una volta un mostro che terrorizzava tutto il paese di Piewarts.
      Il mostro la notte di Halloween girava nei mais a osservare la gente e poi quando c’era l’attimo giusto la rapiva e la portava in una grotta in montagna. Poi li rinchiudeva in celle per poi mangiarli e collezionare le loro ossa, ne aveva già due grossi sacchi.
      I ragazzi  della scuola fecero un incantesimo che il mostro non mangiasse più carne, allora decise di scusarsi con tutto il paese, e imparò a coltivare la terra e così diventò vegetariano.
      La gente lo invitava a ogni festa, e anche a quella di Halloween, però lui non andava in giro a osservare la gente per rapirla, ma andava a chiedere dolcetto o scherzetto, come una persona normale e non come un mostro. Ecco come un mostro può diventare una persona normale.
                         



      Magic College

      In una pianura circondata da colline con un lago c’era il ’’Magic College’’.
      Guido era un ragazzo che voleva diventare un mago e poco per volta diventare il più forte di tutti. Era arrivato al Magic College per imparare gli incantesimi e tutte le formule del mondo. Gli sarebbe piaciuto diventare invisibile, saper volare con la scopa e imparare gli incantesimi.
      Gli insegnanti avevano ognuno la propria specializzazione nel trasformare le cose orribili in divertimento, a intravedere il futuro, a cavalcare creature fantastiche come un ippogrifo con le zampe posteriori con artigli e quelle anteriori con zoccoli di cavallo, la testa e le ali di un gufo.
      Per prima cosa Guido dovette imparare le formule magiche. Per diventare invisibile deve sapere “trasparente voglio diventare per non farmi trovare quando il professore vuole interrogare”.
      Guido diventò un perfetto maghetto perché quando il Prof Rosso lo voleva interrogare non riusciva mai a trovarlo.

                                        



      Milly e il nuovo mondo


      Milly, una ragazza di 16 anni, aveva lunghi capelli ricci e castani, occhi verdi e bel fisico. Solare e allegra aveva una bocca piccola e carnosa, era agile, il naso fine e piccolo, andava a pallavolo e andava bene a scuola; infatti, oggi a scuola si sentiva potente e importante e coraggiosa; non lo sa ma verrà chiamata!!! E dentro di lei c’è uno spirito ma non di una persona, uno spirito gentile come un angelo. Nel tardo pomeriggio Milly va a fare una passeggiata ma si sente attirata da un bosco, ci entra ma essendo troppo grande si perde.
      Cammina e cammina, Milly trova un albero enorme: anche se è autunno lui è fiorito e verde; lo attraversa e si trova in un  mondo diverso; non ci voleva credere ma leggendo troppi libri immagina cosa è successo: “Si tratta di quel Libro: Il labirinto magico. No! Forse si tratta dell’amica del fauno. Ah si tratta di un passaggio segreto! Per un’altra galassia!” Milly è molto curiosa e esplora, ma un minuto è come un‘ora nella vita reale, allora lei si perde venti minuti, cioè un giorno per la madre che piange disperata; ma Milly era rimasta solo venti minuti e quando esce cerca di tornare indietro e finalmente riesce a vedere la luce. Stanca torna a casa e la mamma disperata le chiede dove era stata per tutto questo tempo e lei le disse che era stata via solo venti minuti e la mamma rispose: ”Ma tu sei scomparsa per venti ore!!!” e Milly disse: ”Ma che dici! Sono stata via solo venti minuti!”, la mamma invece le rispose: ”Ma che dici!! Tu stai male! Vai a letto, accendi la tv e ti porto una tazza di camomilla”.


      Milly  è contenta delle premure ma deve  ancora chiarire questa cosa. Con un sacco a pelo parte e dice alla mamma che va a dormire da un’amica. Tempo 23 minuti, nell’altra galassia era già giorno vivo e Milly ha già risolto la situazione dell’orario. ”Un’ora è come un minuto in questo mondo” e allora il giorno dopo con la stessa scusa se ne va, ma questa volta lo spirito che l’ aveva abbandonata si fa rivedere di nuovo. ”Ciao Milly!” “Ciao! E tu chi sei?” “Tante generazioni fa le tue nonne mi  hanno aiutato a recuperare la chiave di cristallo e a sconfiggere il nostro nemico Black Man … Devi risolvere un enigma!” “Am … Però in fretta!!”. Per Milly non dovrà essere  difficile  perché la ragazza ha il potere di far sorridere subito le persone e Milly ha la soluzione. “Le persone lo usano come cervello quasi sempre!” Milly con faccia indifferente subito disse: ”Computer!!!” “Giusto!” disse lo spirito. “Le tue nonne non possedevano i poteri che hai tu!” Aperto il forziere bisognava mettere la chiave alla luce del sole in modo che la riflettesse. Così Milly soddisfatta e fiera alzò la chiave e Black Man fu sconfitto. Così si ritrovò con un regno, la scuola e la mamma, e Milly visse impegnata e contenta!!!




      Mr. Terribile è un mago professore, molto giovane e bello ma molto severo. È molto  alto, muscoloso e con corti capelli blu. Gli occhi rossi, il naso a punta  e i piedi grossi. Mr. Terribile insegna  anatomia circa sette anni con metodi strani: utilizza cavie umane di uomini mostruosi. Insegna in una cucina sgangherata buia con macchie di sangue sulle pareti con parti di corpi umani appesi. Nonostante sembri cattivo e pericoloso è un bravo insegnante perché è molto generoso e i suoi allievi si fidano.
      Gli strumenti adoperati nelle lezioni sono la motosega, il flessibile, la sega e la macchina da cucire. Insegna  anatomia perché nei combattimenti se si feriscono gravemente  gli altri alunni sono in grado di curarli.




      Nella scuola di Piewarts erano praticamente tutti maghi tranne alcuni asini che non avevano voglia di studiare incantesimi.
      C’erano molti ragazzi che erano ai primi livelli e professori uno più strano dell’altro.
      C’è un preside che si chiama Luciano Silente, è alto con la barba lunga e bianca, è sempre vestito di azzurro e ha un cappello con le stelline. Scherza sempre ed è molto simpatico.
      Quando s’arrabbia fa incantesimi come per esempio ANALISIS LOGIC   o  ANALISIS GRAMMATIC.
      Questo è il preside. Poi ci sono gli alunni : Martin Zucchinator, Elenuccia Della Torre, Francesco Paggesco, Mara Maionchi, Tomin Rossetti, Guidotto Cavrengotto, Matteino Tomasino, Lorenz Mutur e molti altri. E c’è la bidella Barbarella che vorrebbe essere tanto bella.


      " Zucchinator e la scuola di Piewarts ..."


      Ciao a tutti!!!! Mi presento: io sono Martina Zucchinator e sto per andare a scuola, ma non è una scuola normale è una scuola di maghi e di streghe e se verrete con me vi presenterò i miei amici. Ahhhhhhhhhh eccoci in classe, accanto a me c'è la mia amica Elena Della Torza, e davanti che fa lo scemo c'è Matteotti Tomini che sa far ridere molte persone in modo incredibile. Paggesco invece ha il potere di rimpicciolirsi all'istante e Mara Neromai invece sa invertire l'ordine delle cose ma non molto bene. Papantuz Sofia invece ascolta la musica a tutto volume e la magia che le riesce meglio è proprio creare la musica RAP!!! Ivanina e Deboruccia invece si stanno allenando a creare dei vestiti molto alla moda con un colpo di bacchetta magica. Silvia Dibo Barbieruccio si sta esercitando a fare splendide acconciature e adesso vi spiego il guaio che ha fatto: l'altro giorno esercitandosi in una acconciatura per sbaglio ha beccato il professor Rossus e gli ha fatto cadere i capelli!!!
      Lorenzo Motturoschi ha preso bei voti e si vanta come al solito ... UFF!!!! Alessandro Porciu ha portato l’arrosto per tutti perché lui è molto bravo a cucinare e Ably Boris lo ha aiutato. I due Salut invece entrano in classe facendo i fighi che non sono
      e intanto Michael Vitalini li prende in giro. Guido Cavrenghini invece parla con Thomas Tommasini di conigli e di fattorie.
       DRIIIIIIIIIIIIII!!! Questo suono che avete appena sentito è il suono della campanella ed Alessia Saccocci e Lolla Scagliola sono appena entrate per la lezione. “Oggi parleremo di come si cambiano gli oggetti!!" disse Rossus e Mara si alzò subito in piedi e agitò la sua bacchetta recitando una formula magica "OCUS
      FOCUS!" e subito dopo si sentiva che la voce di Elena e la voce di Martina si erano invertite!!!! Ma dopo molti sforzi il prof è riuscito a rimettere le cose al loro posto ... PER FORTUNA!!!!
      Oggi in classe abbiamo la prof  Bistolfini che ci insegnerà a sezionare un rospo ma proprio in quel momento un mio compagno ha fatto cadere le budella di quel rospo in faccia alla prof che lo ha sbattuto fuori.

      Finalmente c'è l'ultima ora con la prof Ferrerini che insegna francese e abbiamo fatto una verifica: chissà i voti!!!!! Devo tornare a casa il più in fretta possibile ... Più veloce della luce!!!!! Ciao ciao!!!!