lunedì 29 settembre 2014

Foscolo (sintesi)

La vita

Ugo Foscolo è nato nel 1778 a Zante, un’isola greca. La madre Diamantina era greca, il padre Andrea era un medico veneziano. Il padre morì quando lui era giovane. Dopo la sua morte, la madre insieme ai suoi figli partì per recarsi a Venezia.
A Venezia comincia a frequentare i nazionalisti e a coltivare le idee del Risorgimento italiano. Venezia però stava per essere sottomessa dagli austriaci. E visto che Napoleone era tornato in Italia, Foscolo pone in lui tutte le speranze, per un’Italia unita.

Nel 1796 a Campoformio Napoleone firmò un trattato di pace momentanea con l’ Austria e gli cedette Venezia. Foscolo venne profondamente deluso da Napoleone,  in cui aveva posto tutte le speranze per realizzare il suo obbiettivo, questa vicenda lo segnò profondamente.
Entrò nei salotti delle nobili donne veneziane, dove conobbe il grande amore della sua vita: Isabella Teotochi Albrizzi, una nobile donna di cui si innamorò follemente, ma a causa di problemi familiari, la loro relazione non proseguì, e anche questa vicenda segnò Ugo, che cadde in una profonda delusione e depressione.

Ugo era ricercato ed andò in esilio in tutta Italia finché nel 1801 intraprende la carriera militare seguendo in Francia le armate napoleoniche. Dopo la sconfitta di Napoleone e il ritorno degli austriaci nel 1814, Foscolo decide di lasciare del tutto l’Italia, rifugiandosi prima in Svizzera, poi in Inghilterra dove vive in condizioni di miseria, assistito soltanto dalla figlia Floriana. Muore a Londra nel 1827 e nel 1871 il suo corpo viene trasferito a Firenze, in Santa Croce.
Le opere

Tra le sue opere ricordiamo:
-          Le ultime lettere di Jacopo Ortis (romanzo epistolare di ispirazione autobiografica)
-          In morte del fratello Giovanni (sonetto scritto per il fratello morto suicida)
-          Alla sera (sonetto)
-          Dei sepolcri (carme)
-          Le grazie (poemetto incompiuto)

Le ultime lettere di Jacopo Ortis

Jacopo, giovane intellettuale veneto fautore degli ideali democratici, scrive all'amico Lorenzo Alderani le sue dolorose vicende. Costretto a lasciare Venezia dopo il trattato di Campoformio ( 1797) con cui Napoleone ha ceduto la Repubblica veneta all'Austria, si rifugia sui Colli Euganei dove conosce un altro esule, il signor T., e s'innamora di sua figlia Teresa. L'amore si trasforma in tormento poiché Teresa è promessa sposa a Odoardo, giovane onesto e ricco, ma privo di slanci e di calore, ch'ella deve sposare per rimediare al dissesto economico della famiglia. Mentre Odoardo è lontano per affari, Jacopo e Teresa vivono giorni inquieti, lottando contro il sentimento profondo che li unisce. Si scambiano anche un bacio, ma il ritorno di Odoardo e le persecuzioni della polizia austriaca costringono Jacopo a partire. Viaggia per l'Italia: a Bologna, a Firenze, dove visita le tombe dei grandi in Santa Croce; a Milano, dove discute col Parini le disperate sorti dell'Italia. A Ventimiglia, dinanzi alla valle del Roia medita sull'onnipotenza della natura e sull'imperscrutabilità del destino. Raggiunge il Veneto. Rivede Teresa, ormai sposa di Odoardo. A Venezia saluta la madre. Poi torna sui colli Euganei e perduta ogni illusione s'uccide dando un ultimo sguardo al ritratto di Teresa.
In morte del fratello Giovanni

“Un giorno, se io non sarò sempre costretto ad andare in esilio da un paese all'altro, tu mi vedrai seduto sulla tua tomba, o fratello mio, piangendo i tuoi anni migliori ormai finiti. Ora soltanto nostra madre trascinando il peso dei suoi anni parla di me con i tuoi resti. Io tendo a voi le mie mani piene di delusione e saluto la mia terra da lontano, sento il mio crudele destino, e l'angoscia inspiegabile che ha trasformato la tua vita in tempesta e prego anch'io di trovar pace nel tuo stesso porto. L'ultima speranza che mi resta è la morte; stranieri, restituite almeno le mie ossa alla mia triste madre.”
Alla sera

“Forse perché tu sei l'immagine della morte, a me sei così cara quando vieni, o sera! Sia quando le nuvole estive ti corteggiano e i venti sereni, sia quando porti al mondo tenebre paurose e lunghe dall'aria nervosa, scendi sempre benvenuta, tieni docilmente i segreti del mio cuore. Tu mi fai fantasticare sulla strada che porta alla morte; intanto il tempo della mia vita se ne va, e col tempo se ne vanno tutte le angosce che mi consumano; e mentre io guardo la tua pace, dentro di me si riposa finalmente quello spirito guerriero che mi urla dentro.”
 

Ugo Foscolo II









Ugo Foscolo





sabato 27 settembre 2014

Lady Nas (racconto a puntate di Sara Maselli) II


 
Entrando nella sala da pranzo, ci fu una ventata di profumi che fece tornare il sorriso a Nas. Si sedette all’estremità del lungo tavolo, alzò lo sguardo e poi disse: <<Buon giorno mio signore.>> Non ci fu risposta. Solo dopo un po’ una voce forte e maschile iniziò a parlare: <<Buon giorno Lady Nas. Divertita ieri sera?>>

Nas arrossì e fece cadere il suo sguardo sul suo piatto, che era colmo di roba da mangiare. <<Scusa mio signore. Non credevo di fare così tardi!>>

Un secondo dopo che Nas ebbe finita la frase, le porte della sala si aprirono e entrarono due giovani: uno alto con corti e lisci capelli castani, occhi azzurri che si potevano confondere con il cielo la mattina; l’altro era muscoloso, alto, con capelli castano scuro e occhi che ricordavano il colore della corteccia della betulla. Tutti e due fecero un segno di saluto a Nas e si sedettero. Non ebbero tempo di prendere la forchetta che la mano del re batté sul tavolo così forte da far spaventare le guardie: <<Come vi siete permessi di disobbedirmi tutti e tre ieri sera?>>

Ci fu un secondo di silenzio e poi continuò: <<Se non volevo farvi uscire ieri sera, ci sarà stato un motivo! No? Stanotte sono morte tre persone, proprio vicino alla locanda dove ieri sera tutti e tre ve la spassavate!>>

Nas cercò invano di dire una parola ma subito il re disse: <<Corin, Oben e Nas… Gradirei una risposta!>>

Corin, il ragazzo dagli occhi cerulei, rispose un po’ intimidito: <<Padre, mi dispiace. Credevamo di non rimanere così tanto, ma poi il bicchiere di vino continuava a riempirsi e alla fine parlava anche per me…>> Poi Oben aggiunse con aria assente: <<Sì, proprio così.>> Nas non disse neanche una parola, lasciò che il silenzio parlasse per lei.

 
<<Nas! Da te non me lo aspettavo! Credevo che finalmente avessi capito quanto sei diversa e quanto i tuoi poteri possono essere distruttivi in mani sbagliate>>, aggiunse il re con fare arrabbiato. Dopo qualche minuto Nas decise di rispondere: <<Sì, lo so e mi dispiace. Non lo farò più.>>

Queste parole fecero rilassare un pochettino il re, che si mise la mano sopra gli occhi e sussurrò: <<Per oggi, Nas, resterai nel castello. Fuori devono calmarsi un po’ le acque…>>

La discussione terminò lì. Nas, Oben e Corin si alzarono e si diressero verso il giardino interno.

mercoledì 24 settembre 2014

Lady Nas (racconto a puntate di Sara Maselli) I


Si sentirono dei passi. Subito dopo le grosse e spesse tende della camera da letto si aprirono e lasciarono spazio alla vista mozzafiato che si ammirava dalla vecchia vetrata.



Quella mattina alzarsi era veramente un’impresa. La nottata precedente, nella vecchia piccola locanda in centro, era stata un po’ pesantuccia. Piano piano aprendo gli occhi notò in controluce due ombre che in coro dissero: <<Ben svegliata, Lady Nas!>>

Lei accennò un sorriso, si girò tranquillamente verso la vetrata e ammirando il paesaggio iniziò a togliersi stancamente, con gesti pacati, le coperte di dosso, a tirarsi su per dirigersi verso l’armadio. Prese una camicia di cotone nero, un paio di pantaloni marroni aderenti, poi fece un passo indietro, si voltò e si trovò a capo del letto, si sedette sul pavimento e da sotto il letto tirò fuori due stupendi anfibi neri di pelle.

Nel salone quella mattina c’era un’insolita tranquillità, che per sua sfortuna finì presto. <<Lady Nas! Lady Nas!>>, gridò la guardia dalla parte opposta della sala.

<<Sì, Floren?>>, disse sospirando Nas.

<<Il re la aspetta per fare colazione!>>

Lei si mise le mani sopra le tempie, tentando con quel gesto di farsi passare il forte dolore alla nuca: <<Digli che arrivo…>>, disse sospirando. <<E poi fammi un favore: la prossima volta che devi riferirmi di andare a far colazione, non urlare come se un battaglione fosse penetrato nel castello. Grazie>>, continuò lei diminuendo la pressione delle mani sulle tempie.

sabato 20 settembre 2014

La Costituzione della Repubblica italiana. Principi fondamentali


 La costituzione è la legge fondamentale dello stato, cioè ne forma l’impalcatura.

Entrò in vigore il 1° Gennaio 1948, tre anni dopo la fine della seconda guerra mondiale. Fu approvata dal Parlamento italiano ( ASSEMBLEA COSTITUENTE ),eletto a suffragio universale maschile e femminile.

La prima parte della costituzione ne stabilisce i principi fondamentali. Il 1° articolo dice che l’Italia, non essendo più una MONARCHIA, è una REPUBBLICA, cioè non governa più un Re, ma i cittadini, che però devono eleggere i loro rappresentanti. Perciò l’Italia è una repubblica democratica.

La repubblica si dice fondata sul lavoro perché ogni cittadino dà il suo contributo per mandare avanti l’Italia. Tutti i cittadini sono uguali di fronte alla legge, cioè non si possono fare preferenze per: RAZZA, SESSO, RELIGIONE e LINGUA.
L’Italia rifiuta la guerra di aggressione,ma è dovere dei cittadini difenderla.