Durante la seconda guerra mondiale
morirono 50 milioni di persone, e tra queste ci furono 6 milioni di ebrei, che
morirono nei “Lager” di Hitler. Non ci sono parole per descrivere questa
strage, ma soprattutto non ci sono motivi validi, come si può spiegare tutto
ciò? Come si può giustificare la morte di bambine e donne senza colpa?
Probabilmente l’odio proveniva dalla
loro religione, ma soprattutto dalla loro ricchezza. Ma il principale motivo
era la teoria razzista di Hitler, che considerava i tedeschi una razza superiore.
L’antisemitismo non è stato inventato da
Hitler, ma esisteva già dal medioevo: infatti in Russia si scatenavano molti
“Pogrom”, vere e proprie cacce all’ebreo; in più gli ebrei dovevano vivere nei
“Ghetti” e venivano considerati un popolo deicida.
Sui Pogrom abbiamo letto alcuni brani
tratti da un romanzo intitolato “I cani e i lupi” di Irene Nemirovsky. La protagonista di questo
romanzo è una bambina di nome Ada che vive nel Ghetto di Kiev, che si trova in Ucraina.
La vita nel ghetto scorre tranquilla, ma come sulle pendici di un vulcano
quiescente, col pericolo dello scatenarsi di un Pogrom.
L’arrivo di un esercito di cosacchi fa
capire che sta per arrivare un Pogrom. Le prime avvisaglie sono i vetri rotti
dalle pietre. Ada, che non capisce cosa succede, viene fatta dormire
semivestita per essere pronta alla fuga.
Una sera Ada e suo cugino Ben vengono
rinchiusi in soffitta dal nonno perché fuori sta succedendo un finimondo. Le
case degli ebrei vengono distrutte e depredate.
Ada e Ben, nella soffitta, trovano un
baule, lo svuotano e si mettono dentro e per dimenticare le urla si mettono a
giocare ai pirati, poi la mattina si addormentano.
La Zia di Ada, siccome il Pogrom non è
finito, fa accompagnare i bambini da una serva in un posto più sicuro.
Attraversando il Ghetto Ada e Ben incontrano un gruppo di cosacchi e allora
scappano perdendo di vista la serva. Arrivati su una collina fuori dal Ghetto
Ada si ricorda dove abita il suo ricco cugino e decidono di andare da loro
finché il Pogrom non sarà finito. Entrati nella villa rimangono stupefatti di
fronte a tanto lusso, ma soprattutto Harry, il cuginetto, rimane esterrefatto di
fronte ad Ada e Ben, sporchi e laceri.
La mamma di Harry caccia un urlo perché
ha paura che portino malattie, allora dice alla serva di dar loro da mangiare
in cucina.
Il vecchio capo famiglia, consapevole di
essere parente dei ragazzi, li porta nel suo studio e poi si fa raccontare
tutta la storia. Ada era talmente stanca che crolla in un sonno profondo che
dura 24 ore.
Quando la Germania invade l’ URSS nel
1942, i nazisti cominciarono a catturare e ad internare gli ebrei nei campi di
sterminio. Molti russi antisemiti collaborarono attivamente con le SS naziste.
A questo proposito abbiamo visto un film
intitolato “Ogni cosa è illuminata”.
Jonathan decide di andare in Ucraina a cercare il villaggio
del nonno e si affida a una strana agenzia di viaggi per ricchi ebrei
americani, specializzata nel ritrovare i loro vecchi parenti. L’autista è
un matto che dice di essere cieco e che
continua ad avere disprezzo verso gli ebrei. Fa da interprete, in un inglese
approssimativo, un giovane ballerino di nome Alex, nipote dell’autista. Saliti
sul taxi lasciano la città alla ricerca del villaggio di campagna del nonno di
Jonathan. Il ragazzo mostra al vecchio autista la foto del nonno con Agostina,
e lui sembra quasi riconoscerli.
Dopo aver passato la notte in albergo, Jonathan e Alex e suo
nonno si perdono e iniziano a girovagare chiedendo informazioni, purtroppo
insufficienti. Il nonno, guardando la luna e il paesaggio, inizia a ricordarsi
di quei luoghi, infatti trova un posto dove ci sono rottami della guerra e lì
comincia a ricordare una fucilazione.
Camminando trovano una casa immersa in un campo di girasoli.
In questa casa vive una signora, sorella di Agostina, Alex si ricorda di avere
in tasca la foto del nonno di Jonathan e da lì la donna inizia a raccontare la
storia di Trachimbrod e dei suoi ricordi.
La donna accompagna Jonathan , il vecchio e Alex al villaggio
di cui è rimasta solo una lapide. La donna racconta che Agostina, pur essendo
incinta, venne uccisa perché il papà si rifiutava di sputare sulla Torah.
L’autista, allora, ricorda che si chiamava Baruch e che era un ebreo del
villaggio. Era stato fucilato, però si era salvato perché era stato colpito di
striscio alla testa e aveva avuto un’amnesia totale.
Alla fine, il nonno ritrova la sua identità ma decide di
suicidarsi. Jonathan invece torna in America con l’anello di Agostina.
Una testimone di questa strage è la signora Susanna Raveh, che
è stata rinchiusa in un campo di lavoro insieme ai suoi genitori. Aveva solo
quattro anni, ma anche se piccola, Susanna è stata presa dai tedeschi e portata
verso un camion usato per il bestiame.
Questa donna, anzi questa “nonna bambina” sempre sorridente non perdeva mai l’allegria, anzi cercava di rallegrare chiunque intorno a sé con i suoi balli e con la sua risata contagiosa. Ogni giorno gli adulti andavano a lavorare e se trovavano un bottoncino, un nastrino o altro ancora sapevano già a chi regalarlo: quella piccolina, senza amici della sua età che si accontentava di qualunque cosa. Un giorno però, la sua vita sarebbe cambiata: quegli omoni biondi con gli stivaloni neri l’avrebbero portata in un posto dal quale non era più ritornato nessuno. Però uno di questi omoni chiamò la piccolina, dicendogli di correre via dai suoi genitori: Susanna pensò che anche l’omone biondo aveva una figlia, magari della sua stessa età, che dormiva nel suo lettino tranquilla. Così la piccolina non perse nemmeno un attimo e corse dalla sua mamma. Qualche giorno dopo, arrivarono altri tedeschi che presero la famiglia Raveh e la portarono in un altro campo di lavoro, e poi un altro ancora. Ma un giorno la famiglia fu libera.
Questa donna, anzi questa “nonna bambina” sempre sorridente non perdeva mai l’allegria, anzi cercava di rallegrare chiunque intorno a sé con i suoi balli e con la sua risata contagiosa. Ogni giorno gli adulti andavano a lavorare e se trovavano un bottoncino, un nastrino o altro ancora sapevano già a chi regalarlo: quella piccolina, senza amici della sua età che si accontentava di qualunque cosa. Un giorno però, la sua vita sarebbe cambiata: quegli omoni biondi con gli stivaloni neri l’avrebbero portata in un posto dal quale non era più ritornato nessuno. Però uno di questi omoni chiamò la piccolina, dicendogli di correre via dai suoi genitori: Susanna pensò che anche l’omone biondo aveva una figlia, magari della sua stessa età, che dormiva nel suo lettino tranquilla. Così la piccolina non perse nemmeno un attimo e corse dalla sua mamma. Qualche giorno dopo, arrivarono altri tedeschi che presero la famiglia Raveh e la portarono in un altro campo di lavoro, e poi un altro ancora. Ma un giorno la famiglia fu libera.
Poco dopo, ci fu una fiera e Susanna ci andò con i genitori.
Camminando per la strada la bambina notò qualcosa: un lecca-lecca a forma di
gallo: la bambina appena lo vide, lo raccolse da terra e se lo mise in bocca.
Purtroppo Susanna si prese il tifo, una malattia allo stomaco. Così venne curata da un signore mandato dai suoi
genitori, lei si fidò subito e lui la prese e la portò con sé in casa sua. Dopo
essere tornata a casa dai suoi genitori arrivò anche la mamma dopo qualche
mese. Successero tante cose, tante. Susanna, un nome una storia. Una “nonna bambina”
sempre sorridente, anche ora che è donna. Una donna che non riesce ad odiare
una nazione intera anche dopo tutto quello che ha subito.
Durante la guerra la popolazione civile visse in condizioni
molto difficili: il cibo venne razionato e perciò si sviluppò il mercato nero;
i bombardamenti colpirono le grandi città, provocando milioni di morti; nei
paesi invasi dai tedeschi molti uomini vennero inviati a lavorare in Germania, ma
si sviluppò anche un forte movimento di resistenza: i partigiani si dedicarono
alla lotta armata, colpendo obiettivi militari; altri organizzarono scioperi,
manifestazioni ed azioni non violente contro chi occupava i territori. I
tedeschi reagirono uccidendo i partigiani e la popolazione delle zone in cui
essi agivano. Nei territori occupati i tedeschi avviarono lo sterminio degli ebrei:
alcuni vennero mandati nei lager, altri rinchiusi nei ghetti, dove mancava il
cibo. Nei territori occupati dai tedeschi gli oppositori e coloro che erano
considerati razze inferiori o comunque da eliminare venivano inviati nei lager,
dove chi non era in grado di lavorare veniva subito ucciso, mentre gli altri
lavoravano per le industrie tedesche. Milioni di persone furono così
assassinate dai nazisti.
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