I problemi dell'Italia unita
Un parlamentare italiano, all'indomani dell'unità d'Italia, disse una frase rimasta famosa: "Abbiamo fatto l'Italia, ma ora dobbiamo fare gli italiani." Appena nato lo stato italiano deve affrontare molti gravi problemi, alcuni dei quali tuttora non risolti.
Molti membri delle classi popolari, spesso contadini analfabeti, non si sentono italiani: il Risorgimento è avvenuto sulla loro testa secondo il progetto liberale di Cavour e non quello democratico di Mazzini. Nel sud si diffondono rivolte e fenomeni di brigantaggio: l'ostilità contro lo stato italiano continua ancora oggi con la criminalità organizzata.
Nemmeno la Chiesa riconosce l'esistenza dello Stato italiano. Privato dei suoi territori, il papa scomunica Vittorio Emanuele II e invita i cattolici a non partecipare come cittadini alla vita politica del Regno d'Italia.
Il problema più grave è tuttavia l'arretratezza economica rispetto ai paesi europei più industrializzati delle campagne italiane, popolate da contadini in grande maggioranza poveri e analfabeti. Tra la fine dell'800 e l'inizio del '900 milioni di contadini italiani saranno costretti ad emigrare verso le Americhe.
Il film “Nuovomondo” inizia descrivendo una famiglia siciliana (padre e figlio maggiore) che si reca in pellegrinaggio su un monte per avere un segno per sapere se deve partire per l'America, dove già vive il fratello del padre.
Il figlio più piccolo ruba delle foto a due ragazze che erano andate a farsi liberare da una fattura da sua nonna; le foto ritraevano galline giganti, carote gigantesche, soldi sugli alberi... quello era il segno che il padre stava aspettando.
Ma per andare in America servivano i soldi; Salvatore Mancuso vende tutto per comprarsi le scarpe, e la roba da vestire.
La vecchia madre di Mancuso non vuole partire e allora Salvatore si seppellisce davanti a casa, facendo un gesto estremo, e la madre si convince.
I Mancuso partono su un carretto e vanno al porto, dove vengono travolti da una grande folla di venditori.
La famiglia deve fare i documenti e imbarcarsi; assieme a loro si unisce una giovane ragazza inglese, Lucy, senza soldi né documenti. Durante il viaggio, Salvatore protegge la ragazza dai malintenzionati.
Durante la lunga traversata dell'Atlantico, la nave si imbatte in una tempesta e i passeggeri di terza classe vengono rinchiusi nella stiva e un bambino muore schiacciato.
Sbarcati a Ellis Island, vengono lavati e spidocchiati, poi sottoposti a un esame di intelligenza per ammetterli nel NUOVOMONDO, ma il test sta solo a simboleggiare i pregiudizi degli americani contro gli italiani del tempo.
La vecchia nonna e il ragazzo apparentemente muto decidono di ritornare in Sicilia.
Salvatore sposa Lucy e si stabiliscono in America con il figlio maggiore.
Era ormai da due anni che la madre di Marco era partita per l’America, più precisamente per Buenos Aires in Argentina, per coprire i debiti della famiglia, e da un anno non arrivavano più lettere e soldi che lei, prima, mandava regolarmente.
Allora decisero di far partire Marco, il figlio più piccolo di 13 anni, in cerca della madre. Il padre ed il fratello maggiore non potevano abbandonare il lavoro in Italia.
Il giorno della partenza, il padre di Marco gli diede dei soldi per il viaggio, gli diede l’indirizzo del cugino che era stato l’intermediario delle lettere della madre, gli preparò una sacca con pochi stracci e lo portò al porto.
Il viaggio durò un mese circa, durante il quale Marco veniva svegliato di notte da orrendi incubi in cui sognava che la madre era morta. Conobbe anche un vecchio lombardo che gli fece compagnia durante il viaggio.
Arrivato a Buenos Aires, Marco, senza perdersi d’animo di fronte alla grande città sconosciuta, pur essendo stato derubato della metà dei suoi soldi, riuscì ad arrivare alla bottega del cugino, dove scoprì che era morto e quindi chiese della famiglia Mequinez, la famiglia dove lavorava la madre, e scoprì che si erano trasferiti a Cordova.
Il signore che ora abitava nella casa della famiglia, mosso da compassione, gli scrisse una raccomandazione e gli disse di andare a Rosario in battello, e di andare all’indirizzo scritto sopra il foglio.
Arrivato a Rosario, Marco scopre che il destinatario della lettera se n’è andato e non tornerà prima di primavera.
Per fortuna incontrò di nuovo il vecchio lombardo, che lo portò in un’osteria di emigrati italiani che fecero una colletta per pagargli il treno da Rosario a Cordova.
Il giorno dopo era sul treno per Cordova.
Arrivato a Cordova chiese dove abitassero i Mequinez e si precipitò là, al settimo cielo perché convinto di trovare sua madre.
Ma con grande sconforto scoprì che era partita per Tucuman, a oltre 700 km; la signora che abitava nella casa gli disse che se voleva andare a Tucuman doveva unirsi ad una carovana.
Marco ringraziò e andò dal capo della carovana, che all’inizio non lo voleva ma alla fine gli permise di andare con loro, almeno finché la carovana avesse viaggiato sulla strada per Tucuman, ma poi avrebbe dovuto cavarsela da solo.
Dorante il lungo viaggio Marco venne trattato da tutti come uno schiavo tranne che dal capataz, in più si ammalò e quindi fu costretto a rimanere su un carro tutto il giorno.
Reduce dalla malattia, Marco si avviò da solo verso Tucuman mentre la carovana prendeva la strada per Santiago.
I giorni successivi furono molto duri, da solo, senza un posto in cui dormire e senza provviste.
Dopo alcuni giorni di cammino, quando ormai aveva i piedi sanguinanti, al calar del sole, gli dissero che Tucuman era a soli cinque miglia da lì, Marco fece per andare avanti correndo ma le forze lo abbandonarono e cadde; allora decise di riposare e di ripartire il giorno seguente.
Nel frattempo a casa Mequinez la madre di Marco era malata di ernia intestinale strozzata e urlava che voleva morire perché era preoccupata per i suoi cari, aveva paura che fossero morti, perché non rispondevano più alle sue lettere.
La malattia e il dolore la stavano facendo impazzire, gridava che non voleva farsi operare e che voleva morire ma un attimo dopo gridava che voleva vivere e quindi farsi operare.
Il giorno dopo Marco arrivò sfinito a Tucuman e con il batticuore chiese dove abitava la famiglia Mequinez.
Il negoziante a cui aveva fatto la domanda gli disse che non abitavano in città ma dall’altra parte del bosco.
Marco partì immediatamente, anche se il negoziante e altri paesani cercarono di trattenerlo dicendo che era un viaggio di un giorno e che lui era troppo stanco per farlo.
Il giorno dopo a casa dei Mequinez, il dottore e i signori Mequinez cercavano di convincere la madre di Marco a farsi operare, ma senza grandi risultati.
Ma poi suonò il campanello, i signori Mequinez andarono ad aprire, poco dopo arrivarono eccitati e insieme a loro arrivò un ragazzo che la malata riconobbe subito, era Marco!
I due si abbracciarono a lungo poi la madre si rivolse al dottore e gli disse che le doveva salvare la vita.
I signori Mequinez trascinarono via Marco.
Poi il dottore uscì dalla stanza della madre e disse che la madre era salva.
I primi passi della nuova politica estera italiana furono compiuti da Depretis fra il 1882 e il 1885. Depretis ordinò l'occupazione militare dell'Eritrea, sulla costa meridionale del Mar Rosso.
I progetti del governo italiano prevedevano anche la conquista dell'Etiopia, ma l'esercito italiano fu sconfitto dagli etiopi a Dogali nel 1887.
Sotto il regno di Umberto I e il governo di Francesco Crispi, l'Italia volle consolidare la propria presenza coloniale in Africa orientale o Corno d'Africa: nel 1890 i possedimenti sulla costa meridionale del Mar Rosso furono organizzati ufficialmente come Colonia Eritrea e venne avviata la colonizzazione della Somalia.
Restava aperto tuttavia il problema dell'Etiopia: il tentativo d'invasione dell'esercito italiano fu bloccato da una grave sconfitta subita nel 1896 ad Adua da parte del Negus Menelik II.
Dopo l'uccisione di Umberto I (1900) da parte di un anarchico, salì al trono Vittorio Emanuele III e divenne protagonista della vita politica italiana il primo ministro Giovanni Giolitti, che tra le altre cose introdusse il suffragio universale maschile, la mutua e le pensioni pubbliche. Giolitti nel 1911, approfittando della crisi dell'impero turco, organizzò la conquista della Libia, che diventò così colonia italiana.
Il problema più grave è tuttavia l'arretratezza economica rispetto ai paesi europei più industrializzati delle campagne italiane, popolate da contadini in grande maggioranza poveri e analfabeti. Tra la fine dell'800 e l'inizio del '900 milioni di contadini italiani saranno costretti ad emigrare verso le Americhe.
Nuovomondo
Il film “Nuovomondo” inizia descrivendo una famiglia siciliana (padre e figlio maggiore) che si reca in pellegrinaggio su un monte per avere un segno per sapere se deve partire per l'America, dove già vive il fratello del padre.
Il figlio più piccolo ruba delle foto a due ragazze che erano andate a farsi liberare da una fattura da sua nonna; le foto ritraevano galline giganti, carote gigantesche, soldi sugli alberi... quello era il segno che il padre stava aspettando.
Ma per andare in America servivano i soldi; Salvatore Mancuso vende tutto per comprarsi le scarpe, e la roba da vestire.
La vecchia madre di Mancuso non vuole partire e allora Salvatore si seppellisce davanti a casa, facendo un gesto estremo, e la madre si convince.
I Mancuso partono su un carretto e vanno al porto, dove vengono travolti da una grande folla di venditori.
La famiglia deve fare i documenti e imbarcarsi; assieme a loro si unisce una giovane ragazza inglese, Lucy, senza soldi né documenti. Durante il viaggio, Salvatore protegge la ragazza dai malintenzionati.
Durante la lunga traversata dell'Atlantico, la nave si imbatte in una tempesta e i passeggeri di terza classe vengono rinchiusi nella stiva e un bambino muore schiacciato.
Sbarcati a Ellis Island, vengono lavati e spidocchiati, poi sottoposti a un esame di intelligenza per ammetterli nel NUOVOMONDO, ma il test sta solo a simboleggiare i pregiudizi degli americani contro gli italiani del tempo.
La vecchia nonna e il ragazzo apparentemente muto decidono di ritornare in Sicilia.
Salvatore sposa Lucy e si stabiliscono in America con il figlio maggiore.
Dagli Appennini alle Ande
Era ormai da due anni che la madre di Marco era partita per l’America, più precisamente per Buenos Aires in Argentina, per coprire i debiti della famiglia, e da un anno non arrivavano più lettere e soldi che lei, prima, mandava regolarmente.
Allora decisero di far partire Marco, il figlio più piccolo di 13 anni, in cerca della madre. Il padre ed il fratello maggiore non potevano abbandonare il lavoro in Italia.
Il giorno della partenza, il padre di Marco gli diede dei soldi per il viaggio, gli diede l’indirizzo del cugino che era stato l’intermediario delle lettere della madre, gli preparò una sacca con pochi stracci e lo portò al porto.
Il viaggio durò un mese circa, durante il quale Marco veniva svegliato di notte da orrendi incubi in cui sognava che la madre era morta. Conobbe anche un vecchio lombardo che gli fece compagnia durante il viaggio.
Arrivato a Buenos Aires, Marco, senza perdersi d’animo di fronte alla grande città sconosciuta, pur essendo stato derubato della metà dei suoi soldi, riuscì ad arrivare alla bottega del cugino, dove scoprì che era morto e quindi chiese della famiglia Mequinez, la famiglia dove lavorava la madre, e scoprì che si erano trasferiti a Cordova.
Il signore che ora abitava nella casa della famiglia, mosso da compassione, gli scrisse una raccomandazione e gli disse di andare a Rosario in battello, e di andare all’indirizzo scritto sopra il foglio.
Arrivato a Rosario, Marco scopre che il destinatario della lettera se n’è andato e non tornerà prima di primavera.
Per fortuna incontrò di nuovo il vecchio lombardo, che lo portò in un’osteria di emigrati italiani che fecero una colletta per pagargli il treno da Rosario a Cordova.
Il giorno dopo era sul treno per Cordova.
Arrivato a Cordova chiese dove abitassero i Mequinez e si precipitò là, al settimo cielo perché convinto di trovare sua madre.
Ma con grande sconforto scoprì che era partita per Tucuman, a oltre 700 km; la signora che abitava nella casa gli disse che se voleva andare a Tucuman doveva unirsi ad una carovana.
Marco ringraziò e andò dal capo della carovana, che all’inizio non lo voleva ma alla fine gli permise di andare con loro, almeno finché la carovana avesse viaggiato sulla strada per Tucuman, ma poi avrebbe dovuto cavarsela da solo.
Dorante il lungo viaggio Marco venne trattato da tutti come uno schiavo tranne che dal capataz, in più si ammalò e quindi fu costretto a rimanere su un carro tutto il giorno.
Reduce dalla malattia, Marco si avviò da solo verso Tucuman mentre la carovana prendeva la strada per Santiago.
I giorni successivi furono molto duri, da solo, senza un posto in cui dormire e senza provviste.
Dopo alcuni giorni di cammino, quando ormai aveva i piedi sanguinanti, al calar del sole, gli dissero che Tucuman era a soli cinque miglia da lì, Marco fece per andare avanti correndo ma le forze lo abbandonarono e cadde; allora decise di riposare e di ripartire il giorno seguente.
Nel frattempo a casa Mequinez la madre di Marco era malata di ernia intestinale strozzata e urlava che voleva morire perché era preoccupata per i suoi cari, aveva paura che fossero morti, perché non rispondevano più alle sue lettere.
La malattia e il dolore la stavano facendo impazzire, gridava che non voleva farsi operare e che voleva morire ma un attimo dopo gridava che voleva vivere e quindi farsi operare.
Il giorno dopo Marco arrivò sfinito a Tucuman e con il batticuore chiese dove abitava la famiglia Mequinez.
Il negoziante a cui aveva fatto la domanda gli disse che non abitavano in città ma dall’altra parte del bosco.
Marco partì immediatamente, anche se il negoziante e altri paesani cercarono di trattenerlo dicendo che era un viaggio di un giorno e che lui era troppo stanco per farlo.
Il giorno dopo a casa dei Mequinez, il dottore e i signori Mequinez cercavano di convincere la madre di Marco a farsi operare, ma senza grandi risultati.
Ma poi suonò il campanello, i signori Mequinez andarono ad aprire, poco dopo arrivarono eccitati e insieme a loro arrivò un ragazzo che la malata riconobbe subito, era Marco!
I due si abbracciarono a lungo poi la madre si rivolse al dottore e gli disse che le doveva salvare la vita.
I signori Mequinez trascinarono via Marco.
Poi il dottore uscì dalla stanza della madre e disse che la madre era salva.
Il colonialismo italiano
L'Italia dell'800 era riuscita a compiere il Risorgimento nazionale, ma rimaneva un paese molto arretrato. La miseria delle campagne italiane fu usata come argomento per sostenere una politica estera ambiziosa. Si cominciò a sognare per l'Italia un futuro da grande potenza coloniale.I primi passi della nuova politica estera italiana furono compiuti da Depretis fra il 1882 e il 1885. Depretis ordinò l'occupazione militare dell'Eritrea, sulla costa meridionale del Mar Rosso.
I progetti del governo italiano prevedevano anche la conquista dell'Etiopia, ma l'esercito italiano fu sconfitto dagli etiopi a Dogali nel 1887.
Sotto il regno di Umberto I e il governo di Francesco Crispi, l'Italia volle consolidare la propria presenza coloniale in Africa orientale o Corno d'Africa: nel 1890 i possedimenti sulla costa meridionale del Mar Rosso furono organizzati ufficialmente come Colonia Eritrea e venne avviata la colonizzazione della Somalia.
Dopo l'uccisione di Umberto I (1900) da parte di un anarchico, salì al trono Vittorio Emanuele III e divenne protagonista della vita politica italiana il primo ministro Giovanni Giolitti, che tra le altre cose introdusse il suffragio universale maschile, la mutua e le pensioni pubbliche. Giolitti nel 1911, approfittando della crisi dell'impero turco, organizzò la conquista della Libia, che diventò così colonia italiana.
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