L'attacco di Pearl Harbor (nella terminologia della Marina Imperiale giapponese, Operazione Hawaii) fu un'operazione aeronavale che ebbe luogo il 7 dicembre 1941, quando forze aereo-navali giapponesi attaccarono la base navale statunitense di Pearl Harbor, nelle isole Hawaii. L'attacco, portato senza una preventiva dichiarazione di guerra da parte giapponese, che fu formalizzata soltanto ad attacco iniziato, causò l'intervento statunitense nella seconda guerra mondiale. L'attacco fu concepito e guidato dall'ammiraglio Isoroku Yamamoto (il quale al momento dell'attacco si trovava nella baia di Hiroshima a bordo della corazzata Nagato), che sperava di distruggere la flotta americana nel Pacifico. L'operazione fu un successo, limitato solo dal mancato affondamento delle portaerei, poiché in poco più di un'ora i 350 aerei partiti dalle portaerei giapponesi affondarono 4 delle 8 corazzate americane, mentre le altre furono fatte arenare o subirono gravi danni; solo le portaerei si salvarono trovandosi in navigazione lontano dalla loro base. Questa vittoria permise al Giappone di ottenere momentaneamente il controllo del Pacifico e spianò la strada ai successivi trionfi nipponici prima che gli USA riuscissero ad armare una flotta in grado di tenere testa a quella giapponese.
Gli attacchi aerei furono progettati e coordinati dal capitano di fregata e pilota lui stesso Mitsuo Fuchida e dal capitano di fregata Minoru Genda. Le portaerei giapponesi si sarebbero avvicinate al punto più prossimo all'obiettivo con il favore delle tenebre ma, dopo le operazioni di decollo, esse si sarebbero allontanate lungo un'altra rotta e i velivoli, al ritorno, avrebbero percorso un tratto più lungo. Questo accorgimento consentiva una maggior probabilità di sfuggire ad un eventuale inseguimento da parte di aerei americani, che avrebbero dovuto percorrere tratte più lunghe di andata e ritorno, con ovvi problemi di carburante.
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