La ricchezza dell’Italia del Rinascimento era dovuta soprattutto alla ricchezza dei commerci tra le repubbliche marinare di Genova e Venezia e l’antica capitale dell’impero romano d’oriente Costantinopoli, cui facevano capo le grandi vie commerciali dell’Asia: la via della seta, che conduceva in Cina attraverso l’Asia centrale, e la via delle spezie che giungeva in India attraverso l’oceano Indiano.
La conquista turca di Costantinopoli portò al crollo dei commerci mediterranei con l’Oriente. Il Mediterraneo, centro del Vecchio mondo (Europa, Asia e Africa), entrò in crisi e la sua importanza iniziò a declinare. I commercianti europei cominciarono a cercare una nuova rotta per raggiungere le “Indie” oltre le “Colonne d’Ercole” (che la leggenda poneva sullo stretto di Gibilterra). Il centro dei commerci mondiali si sposta verso l’Atlantico.
I primi a tentare una nuova via per le Indie furono i portoghesi, che portarono a termine la circumnavigazione dell’Africa: Bartolomeo Diaz giunse a doppiare il Capo di Buona Speranza in Sudafrica; Vasco de Gama raggiunse le coste dell’India.
Il navigatore genovese Cristoforo Colombo propose ai portoghesi una rotta rivoluzionaria: raggiungere le Indie verso ovest attraverso l’Atlantico. Ma furono i sovrani spagnoli Isabella di Castiglia e Ferdinando d’Aragona a finanziare la spedizione di Colombo, che partì con tre caravelle (Niña, Pinta e Santa Maria) e il 12 ottobre 1492 sbarcò a San Salvador nelle Bahamas, credendo di aver raggiunto l’Asia orientale.
Chi si accorse che si trattava di un nuovo continente (“Nuovo mondo”) fu un altro esploratore italiano: Amerigo Vespucci, da cui le nuove terre presero il nome di America.
Ma i portoghesi non rimasero a guardare: Cabral esplorò le coste del Brasile e Ferdinando Magellano condusse la spedizione che portò la “Victoria” a compiere il primo giro del mondo nel 1522.
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