L'anno
scorso, nel 2011, si è festeggiato il 150° dell'unità d'Italia. A
Torino è stata allestita una mostra dedicata interamente a questa
ricorrenza, intitolata “Fare gli italiani”, e noi l'abbiamo
visitata.
Nel
1°padiglione si trovavano dei busti che raffiguravano alcuni eroi
del Risorgimento.
Naturalmente,
anche alcuni scrittori hanno contribuito alla formazione della
coscienza nazionale, primo fra tutti Ugo Foscolo.
Ugo
Foscolo
Nato
a Zante, un'isola greca allora appartenente alla “Serenissima”
repubblica di Venezia, nel 1778, egli, dopo la morte del padre, si
reca con la madre a Venezia, dove si converte agli ideali
nazionalisti. Qui s'illude che Napoleone, eroe francese sceso in
Italia, possa liberarla, ma rimane deluso dal trattato di
Campoformio, in cui egli cede il Veneto all'Austria(1797).
Le
sue opere principali sono i “Sepolcri”, i ”Sonetti” e un
romanzo epistolare intitolato “Le ultime lettere di Jacopo Ortis”,
scritti girovagando in lungo e in largo per l'Europa, fra delusioni
politiche e sentimentali, finendo per morire a Londra, nel 1827,
assistito dalla figlia Floriana.
Nelle
lettere di Jacopo Ortis, egli racconta in prima persona le vicende di
un ragazzo, che fra molte delusioni, finirà per morire suicida,
lasciando la sua testimonianza ad un amico.
I
due sonetti che abbiamo letto, invece, si intitolano “Alla sera”
e “In morte del fratello Giovanni”.
Nel
primo, egli narra che la sera è il momento che più gli aggrada
perchè gli ricorda la morte.
Invece,
il secondo, narra che Foscolo vorrebbe andare a dare l'ultimo saluto
al fratello morto, e spera di raggiungerlo presto in paradiso.
Giacomo
Leopardi
Il
tema del pessimismo viene ripreso e ampliato a dimensioni
cosmiche da Giacomo Leopardi, secondo il quale la natura è solo una
matrigna malvagia che non si cura degli uomini.
Egli,
nato a Recanati, nelle Marche, nel 1798, era figlio di un padre che
perdeva le sue giornate sui libri e di una madre che gli era
indifferente.
Lasciò
Recanati per girovagare per L'Italia, e non trovò mai una
sistemazione.
Già
in cattivo stato di salute, incontrò Antonio Ranieri, il quale
divenne un suo caro amico.
Antonio
prese a cuore la situazione di Giacomo, tanto da prendersene cura
nella sua casa di Napoli, nella quale Antonio pensa di ristabilirne
la salute.
Leopardi
però finì per morire a Napoli, giovanissimo, nel 1837.
Le
sue opere più importanti sono:
-le
“Operette Morali”;
-i
“Canti”;
-lo
“Zibaldone”.
Noi
abbiamo letto due sue poesie, “L'infinito” e “Alla sera del dì di festa “.
Nella
prima , egli, seduto davanti ad una siepe che gli impedisce di
osservare l'orizzonte, si mette a contemplare la volta celeste,
infinita e silenziosa, meditando che la terra, insignificante, non è
nulla di fronte all'universo.
La
seconda , invece, descrive il villaggio di Leopardi illuminato dalla
fievole luce della luna e pensa alla ragazza che gli piace; dice che
forse anche lei sta pensando a lui, ma poi cambia opinione, dicendo
che ella è già addormentata e pensa ad un altro ragazzo, perciò
Giacomo si sente triste e infelice.
Si
mette a meditare dicendo che il periodo più felice è quello della
giovinezza, quando si è spensierati ed incoscienti.
Ma
a lui, la natura, non ha concesso nemmeno quello, perchè egli ha
raggiunto la consapevolezza troppo presto, non riuscendo a godersi la giovinezza e la felicità.
Alessandro
Manzoni
Il
terzo busto della nostra galleria ideale è Alessandro Manzoni, che
più di ogni altro ha contribuito alla formazione dell'italiano
moderno.
Nacque nel 1785, a Milano, da una famiglia non religiosa, discendente del
famoso Cesare Beccaria, celebre esponente dell'illuminismo italiano.
Recatosi
in Francia, conosce la sua futura moglie, Enrichetta Blondel, che lo
converte ad una visione divina e provvidenziale della storia, guidata
da Dio, il quale punisce i malvagi e premia i buoni.
Egli
finirà per morire nel 1873, celebrato con il lutto nazionale.
Fra
le moltissime opere che ha scritto, le principali sono l'”Adelchi”
e “Il conte di Carmagnola”, oltre al celebre romanzo storico
“I promessi sposi”.
Questo
romanzo è ambientato nell'Italia del 1600, quando la maggior parte
di essa era sotto il dominio dei monarchi spagnoli, per sollecitare
gli italiani a riprendersi la loro indipendenza.
La
trama racconta le vicende di Renzo e Lucia, due
giovani intenzionati a sposarsi.
Ma
un potente signore spagnolo, Don Rodrigo, innamoratosi di Lucia,
impedisce il loro matrimonio.
Egli chiede al cosiddetto ”Innominato” di rapire Lucia; ma grazie
all'aiuto di Fra' Cristoforo,
Renzo e Lucia riescono a fuggire, uno a Milano e l'altra in un
convento.
A
Milano scoppia la peste e allora i due si rincontrano al lazzaretto
di Milano.
Infine
Don Rodrigo muore di peste e invece Renzo e Lucia si sposano e vanno
a vivere a Bergamo.
Giuseppe
Garibaldi
Fra
i busti più importanti, però, c'è anche quello di un eroe
Risorgimentele, il generale italiano Giuseppe Garibaldi.
Egli,
nato a Nizza, nel 1807, si sentiva, nonostante fosse nato in territorio
francese, italiano a tutti gli effetti.
Fin
da giovane egli intraprese una vita da marinaio e fu viaggiando che
incontrò alcuni mazziniani e si convertì alle loro idee.
Mazzini,
infatti, voleva un'Italia repubblicana e democratica, unita e
indipendente, fondata sul popolo.
Nel
1830, Garibaldi partecipa ad una rivolta contro i Savoia, viene
condannato a morte e perciò diventa un clandestino.
Per
questo egli decide, per sfuggire alla cattura, di emigrare in America
Latina.
Così,
arrivato in Brasile, arma una nave, insieme ad altri mazziniani, per
combattere l'impero brasiliano, che aveva attuato un'offensiva contro
i repubblicani.
Grazie
a queste imprese, si meritò il titolo di “Eroe dei due mondi”.
Oltre
a fare il pirata, però, Garibaldi conobbe a una donna, Anita, che
pur essendo già sposata, si innamora perdutamente di lui.
Successivamente
Garibaldi torna in Italia con Anita, nel 1848, e si reca a Roma, che
è stata abbandonata dal Papa, e , insieme a Mazzini, proclama la
repubblica romana.
Ma
l'anno dopo, i francesi guidati da Napoleone III abbattono la
repubblica romana, e perciò Garibaldi cercò, insieme ad Anita, di
raggiungere Venezia, dove resisteva ancora l'ultima repubblica
italiana. Ma durante la fuga Anita si ammala e muore di malaria.
Nel
1860, dopo la seconda guerra di indipendenza, Garibaldi organizza la
spedizione dei Mille.
A
questa spedizione partecipa anche un giornalista toscano, di nome
Giuseppe Bandi, che ne trae un racconto.
Garibaldi,
attraverso le sue conoscenze, ottiene due piroscafi, e allora Bandi
chiede un'ultima licenza per andare a festeggiare a Genova.
Il
mattino della partenza, i garibaldini, fra due ali di folla,
s'imbarcano e fra la folla c'è anche un vecchio siciliano, che
raccomanda a Garibaldi tutti i suoi figli.
Intanto Bandi riceve l'ordine di tagliare i fili del telegrafo, per fare in
modo che i Borboni fossero colti di sorpresa.
La
partenza, però, viene ritardata da una nave francese che blocca
l'ingresso al porto.
Due
carabinieri bloccano Bandi e i suoi intenti a tagliare il telegrafo,
ma infine i due se ne vanno;
tutti
i garibaldini salgono sui piroscafi e escono dal porto, che nel
frattempo era stato sbloccato, siccome la nave francese se ne era
andata.
Garibaldi,
nonostante avesse a disposizione un numero limitato i soldati,
abbatte il Regno delle due Sicilie e lo consegna ai Savoia, tradendo
i suoi ideali repubblicani.
La
maggioranza degli italiani, formata da contadini analfabeti, invece
di diventare cittadini di una repubblica democratica, diventano
sudditi dei Savoia e negli anni successivi all'unità di Italia, sono
costretti ad emigrare in massa in cerca di lavoro.
Il
racconto “Libertà” di G. Verga rappresenta emblematicamente la
delusione e l'estraneità dei contadini al Risorgimento italiano.
L'Italia
è fatta ma bisogna “Fare gli italiani”.
Il
racconto si ispira a fatti realmente accaduti a Bronte in Sicilia. I
contadini sentono che stanno arrivando i garibaldini e si ribellano
contro i latifondisti per conquistare le loro terre.
Vengono
uccisi il prete, il farmacista e la baronessa.
Quando arrivano i
garibaldini comandati da N. Bixio, vengono fucilati e catturati i
capi della rivolta.
Le
mogli dei capi imprigionati si recano a Catania per assistere al loro
processo.
Uno
degli imputati, a quel punto, si alza ed esclama: ”Avevano detto che
ci sarebbe stata la libertà”.
L'emigrazione
Nella
mostra di Torino c'era una sala dove si trovava una grande rete
con delle valigie per simboleggiare l'emigrazione contadina in
America.
Il
film “Nuovomondo” racconta la storia di una famiglia siciliana
formata da nonna, padre vedovo, due figli che partono per l'America.
Durante
il viaggio incontrano una giovane inglese che sposa il padre.
Giunti
a “Ellis Island” vengono sottoposti a dei test che la nonna e il
figlio non passano e vengono rimpatriati.
Sempre
su questo tema abbiamo letto un racconto tratto dal libro ”Cuore “
di Edmondo de Amicis. Il protagonista, un bambino, parte per
l'Argentina in cerca della madre e, dopo una lunga ricerca, riesce a
trovarla.
La
Prima Guerra Mondiale
Alcuni
storici hanno classificato la Prima Guerra Mondiale come la quarta
guerra di indipendenza italiana perché per la prima volta gli
italiani di tutte le regioni combatterono fianco a fianco e
conquistarono i territori di Trento e Trieste.
Emilio
Lussu, nel romanzo “Un anno sull'altipiano” racconta alcune
vicende della Prima Guerra Mondiale rifacendosi alla sua esperienza
personale.
Ne
risulta un romanzo molto critico nei confronti della guerra e questi
aspetti critici sono condivisi anche dal regista F. Rosi che ne ha
ricavato il film “Uomini Contro”.
Il
protagonista del romanzo è partito per la guerra con la convinzione di
fare il suo dovere ma di fronte alla realtà della guerra si ribella
e viene fucilato.
Il
secondo personaggio è il tenente Ottolenghi, un uomo totalmente
contrario alla guerra che pensa che essa serva solo ai ricchi e
invece ai poveri porta solo sofferenza. Egli sul punto di morire si
rivolge contro i suoi ufficiali e dice che sono loro i veri nemici.
Il
personaggio antagonista è il generale Leone, un uomo fanatico e
stupido, che manda al massacro molti uomini per guadagnare pochi
metri di trincea.
Un
episodio che ne dimostra la stupidità è, per esempio, quando un
giovane soldato dà l'alt alla squadra per avere visto una
mitragliatrice nemica e il generale lo vuole fare fucilare, ma
Ottolenghi, furbo, lo sostituisce con un cadavere.
Un
altro episodio è invece quando il tenente Sassu fa guardare il generale da uno
spioncino della trincea sotto il tiro di un cecchino. Ma
sfortunatamente il cecchino fallisce il tiro. Il generale, infine,
ordina la decimazione di quei soldati che, stufi di aspettare il
cambio, si erano rivoltati bruciando le armi. Il
soldati, così stremati, finiscono per autolesionarsi per andare in
congedo.
Cinque poesie di Ungaretti
Accanto
all'esaltazione della vittoria nazionale o alla denuncia di un'inutile strage, una diversa chiave di lettura della guerra è offerta
dal poeta Giuseppe Ungaretti che partecipò alla guerra come soldato.
In
alcune brevi poesie descrive la guerra come una tragica esperienza di
fratellanza umana.
Nella
sua poesia più celebre, “San Martino del Carso”, egli dice che le
case sbrindellate sono ridotte come il suo cuore. Infatti
in un'altra poesia, ”Fratelli”, egli racconta che in guerra si è tutti uguali, e tutti uniti da un legame fraterno, perché gli
uomini, come racconta la sua poesia ”Soldati”, in guerra, sono
precari come le foglie in autunno sugli alberi.
In
un'altra sua poesia,”Veglia”, dice di aver passato una notte
vicino ad un morto, e prova un attaccamento disperato alla vita. Infine,
in un'ultima poesia, egli narra che ormai il suo cuore è duro come
una pietra perché sono i vivi a soffrire di più la morte di
qualcuno.
La
povertà dell' Italia contadina del primo Novecento
Un'ampia sala della mostra era dedicata a grafici e statistiche sulle
condizioni economiche italiane del recente passato, che
testimoniavano il fatto che fino agli anni '50, la stragrande
maggioranza degli italiani viveva nella campagne.
Il
romanzo “La Malora” di Beppe Fenoglio, ambientato nelle Langhe,
descrive bene la condizioni di vita in Italia nel Novecento.
Agostino
Braida, il protagonista del racconto, lavora la terra per Tobia
Rabino, perchè il padre deve pagare dei debiti e ha bisogno di
soldi. Agostino
ce l'ha con il padre, e non lo va più a trovare, torna solo quando
sa della sua morte.
Egli
ha due fratelli, Stefano, svogliato e incosciente, che parte militare, ed
Emilio, bravo studente, che finirà per morire di tisi in seminario, dov'è stato mandato per pagare il debito con una maestra.
Il
personaggio principale della famiglia Rabino è Tobia, vecchio e
tirchio padre di famiglia, che non sfama i figli per risparmiare e
comperare un terreno. L'
unica volta che fa un'eccezione, è al matrimonio della figlia
Ginotta, sposatasi grazie ad un sensale.
In una bisca clandestina organizzata da Tobia, Agostino conosce Mario
Bernasca, che gli propone di trovarsi un lavoro indipendente ad
Alba, ma ha paura e non lo segue.
La
moglie di Tobia cade malata e allora Tobia è costretto ad ingaggiare
una servente di nome Fede.
Ella
prova subito simpatia per Agostino, che le propone di sposarlo, Fede,
però è gia promessa ad un altro, perciò il loro amore finisce qui.
Il
secondo brano è tratto da un romanzo di Carlo Levi che fu confinato
in un paesino nei pressi di Matera perchè antifascista.
La
sorella decise d'andarlo a trovare, prendendo un treno per Matera per
visitare i famosi “Sassi”, ma lo spettacolo è tutt'altro che
piacevole perchè la gente vive in brutte condizioni, in case scavate nella roccia insieme agli animali, e dei bambini seminudi le
chiedono delle medicine.
Luigi
Pirandello, celebre autore di teatro, ha scritto anche molti
racconti, come “Ciaula scopre la luna”, in cui racconta la storia
di un ragazzo disabile costretto a lavorare tutto il giorno in
miniera per Zi' Scarda, che doveva badare a sette nipoti, dato
che era l'unico sopravvissuto all'incidente in cui morì suo figlio. Ciaula
vive anche lui con Zi' Scarda, e ha paura della notte, perchè la
prima volta che l'aveva vista era la notte dell'incidente e si era spaventato.
Una
sera, mentre Zi' Scarda sta tornando dalla miniera, il responsabile
vuole che gli operai continuino a lavorare, ma tutti si rifiutano
esclusi Zi' Scarda e Ciaula. Quest'ultimo
avverte l'angoscia di affrontare la notte e quando la vede rimane
stupito e si commuove, perchè c'è la luna.
L'Olocausto
Il
regime fascista usò tutti gli strumenti della propaganda (radio,
cinema, manifestazioni) per esaltare l'orgoglio nazionale italiano.
L'alleanza
con la Germania, tuttavia, costrinse l'Italia all'umiliazione della
sconfitta nella seconda guerra mondiale e alla vergogna della
leggi razziste contro gli ebrei.
Sulla
Shoah, abbiamo letto un brano ed una poesia di un sopravvissuto di
Auschwitz, Primo Levi, tratti dal libro ”Se questo e un uomo”.
In
questa poesia lui scaglia una maledizione contro chi si dimentica
della tragedia dell'Olocausto.
Sempre del medesimo libro, abbiamo letto un brano in cui Primo Levi racconta
il suo arrivo ad Auschwitz, dove viene spogliato, lavato, rasato,
tatuato con un numero e assegnato ad una baracca, per annullare la
sua identità.
Abbiamo
inoltre letto il testo di una canzone di F. Guccini, che narra
la storia tragica del campo di sterminio vista dagli occhi di un
bambino morto e cremato in un forno, che si chiede come l'uomo possa
fare una cosa simile.
Infine
abbiamo visto un film intitolato ”Ogni cosa è illuminata” che
racconta di un giovane ebreo americano che si reca in Ucraina per cercare
notizie del nonno, il quale gli ha lasciato una foto con una ragazza
di nome Agostina.
Questo ragazzo è un collezionista che raccoglie ogni ricordo in sacchetti di nylon, che poi appende al muro.
Per
la ricerca contatta una strana agenzia formata da un cane, un vecchio matto e un giovane ballerino. Durante
la ricerca scoprono che Tranchimbrod non esiste più perchè è stato
distrutto dai nazisti ma al suo posto è situata una lapide; qui
incontrano una vecchia, sorella di Agostina, che ha collezionato i
resti del villaggio. Infine
il vecchio ricorda il suo passato, che dimenticò dopo una
fucilazione a causa di un colpo di striscio alla tempia e, ormai ritrovato il suo passato, si suicida.
La
Seconda Guerra Mondiale e la Resistenza Partigiana in Italia
Sulla
guerra partigiana abbiamo letto un racconto di Beppe Fenoglio
intitolato “Rappresaglia”
e
anche un romanzo di Renata Viganò, intitolato ”L'Agnese va a
morire”.
Il
racconto di Fenoglio narra la vicenda di due giovani staffette
partigiane, Riccio e Bellini, che vengono catturate dai fascisti e
condannati a morte, anche se poi la loro sentenza viene sospesa.
Dopo
alcuni mesi, in seguito all' uccisione di un sergente fascista da
parte dei partigiani, il comandante dà l'ordine di ucciderli per
rappresaglia.
Un
tenente viene incaricato di eseguire l'ordine, ma era affezionato ai
due ragazzi e non se la sente.
Con
malavoglia prende con sé uno dei ragazzi e gli spiega la situazione.
All'inizio, Riccio piange e si dispera, ma poi riacquista la sua
dignità e va da solo al patibolo, dicendo di essere fiero di essere
partigiano.
Un altro documento sulla guerra partigiana è la poesia “Alle fronde
dei salici” di Salvatore Quasimodo, che descrive due immagini
raccapriccianti; una madre che piange ai piedi del figlio crocifisso
al palo del telegrafo e il fatto che i poeti non possono più
scrivere di fronte a queste tragedie e non hanno altro che da fare
che appendere le loro cetre agli alberi e tacere.
Abbiamo
letto infine il testo di una famosa canzone di Fabrizio de Andrè, ”La
guerra di Piero”, che narra la storia di un ragazzo morto in guerra
che non aveva voglia di arruolarsi, e quando si trova
di
fronte al nemico non ha il coraggio di sparargli e l'altro, invece,
non ci pensa e gli spara in fronte.
Dal dopoguerra a oggi
La Resistenza partigiana si concluse il 25 Aprile 1945 con la liberazione dell'Italia settentrionale occupata dai nazisti. Il 2 Giugno 1946 con referendum popolare a suffragio universale (per la prima volta votarono le donne) abolì la monarchia dei Savoia a vantaggio della repubblica democratica.
La Resistenza partigiana si concluse il 25 Aprile 1945 con la liberazione dell'Italia settentrionale occupata dai nazisti. Il 2 Giugno 1946 con referendum popolare a suffragio universale (per la prima volta votarono le donne) abolì la monarchia dei Savoia a vantaggio della repubblica democratica.
Il
primo Gennaio 1948 entrò in vigore la Costituzione repubblicana. I
principi fondamentali della Costituzione stabiliscono che l'Italia è
una repubblica democratica la cui sovranità appartiene al popolo.
Esso esercita la sovranità eleggendo a suffragio universale i propri
rappresentanti al Parlamento.
Tutti
i cittadini sono uguali di fronte alla legge, senza distinzione di
sesso, di razza, di lingua, di religione di opinioni politiche, di
condizioni personali e sociali. Tutti hanno gli stessi diritti
fondamentali umani alla vita, alla salute, all'istruzione, alla
libertà di coscienza, di parola e di associazione, oltre che di
stampa.
Uscita
distrutta dalla guerra, l'Italia repubblicana ha conosciuto nel
ventennio successivo un vero e proprio “Miracolo Economico”, che
l'ha rapidamente cambiata da paese prevalentemente contadino a quinta
potenza industriale del mondo.
Milioni
di contadini si sono trasferiti dalle campagne alle città del Nord
Italia.
L'Italia
ha conosciuto un colossale processo di trasformazione.
A
partire dagli anno '70 il processo di sviluppo ha subito periodi di
crisi, rallentamento e tensione, funestati da sanguinosi atti di
terrorismo politico di opposta ispirazione (brigate rosse e
neofascisti), alcune
regioni meridionali sono ancora infestate dalla criminalità
organizzata: mafia, 'ndrangheta, camorra e sacra corona unita. Sulla
mafia abbiamo visto il film “CentoPassi” che racconta
dell'uccisione di Giuseppe Impastato, giovane giornalista ribelle che
si era opposto ad un capomafia da
cui dipendeva anche il padre.
Ancora
più recentemente l'Italia ha conosciuto un difficile processo di
integrazione nell'UE, la disoccupazione, seguita alla globalizzazione
dell'economia, l'immigrazione di massa di manodopera da paesi
extraeuropei. Da paese di emigrati a paese di immigrati (“Welcome”).
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