Dopo la fine della seconda
guerra mondiale, quasi tutti i paesi del mondo si sono riuniti nell'organizzazione delle nazioni unite (ONU) con lo scopo di conservare
la pace nel mondo.
Questo obbiettivo è molto
lontano dall'essere raggiunto: dal '45 ad oggi ci sono state guerre
sanguinose in tutti i continenti. Il problema è che gli stati, che
sono circa 200, non riescono a darsi delle leggi che valgano per
tutti e si comportano come bambini egoisti. Gli psicologi, che si
occupano della crescita morale e della formazione del carattere,
ritengono che ci siano tre stadi di crescita morale:
- Il primo stadio viene chiamato “stadio infantile” ed è caratterizzato da egocentrismo e bisogno di un adulto come punto di riferimento.
- Il secondo stadio viene chiamato “stadio adolescenziale” durante il quale si condividono i valori del gruppo invece di quelli dei genitori, ai quali non si da più retta a ai quali ci si ribella per aver autonomia.
- Il terzo stadio viene chiamato “stadio adulto” caratterizzato da responsabilità e dall'abbandono dell'egoismo, dalla capacità di pensare anche agli altri per poter accettare regole che valgono per tutti.
Con il loro comportamento
di aggressione reciproca, gli stati si comportano spesso secondo il
primo stadio di sviluppo morale, formando al massimo alleanze che
spesso tuttavia generano conflitti. Non esiste un governo universale
per il nostro pianeta.
L'assemblea delle nazioni unite ha sede a New York nel
palazzo di vetro ed è guidata da un segretario generale e dal
consiglio di sicurezza, i cui 5 membri permanenti sono i vincitori
della 2^ guerra mondiale: USA, Russia, Cina, Francia e Inghilterra.
Nel 1948 L'ONU ha pubblicato una dichiarazione universale sui diritti
umani, che riporta gli stessi principi fondamentali della
costituzione italiana: il diritto alla vita e alla libertà
personale.
Nel 2000, l'ONU ha
fissato, per il nuovo millennio otto obbiettivi, per tradurre in
fatti concreti i diritti umani. Il primo obbiettivo è quello di
sradicare la fame nel mondo e e l'estrema povertà. L'ONU, in
particolare si è proposto di dimezzare la percentuale di chi vive
con meno di un dollaro al giorno. Nel 2010 questa percentuale si è
dimezzata rispetto al 1990, ma purtroppo ci sono ancora un miliardo
di persone che soffrono la fame.
Il secondo obbiettivo e
quello di dare un educazione primaria (saper leggere e scrivere) a
tutti ma soprattutto ai bambini, cioè eliminare l'analfabetismo.
E poi bisognerebbe fare
imparare a ragazzi e ragazze a leggere e a scrivere senza fare
distinzioni.
Il terzo obbiettivo è
quello di promuovere e rafforzare il ruolo delle donne.
Il quarto obbiettivo è
quello di ridurre la mortalità infantile: cioè ridurre la
mortalità dei bambini entro i 5 anni.
Il quinto obbiettivo è
quello di far partorire le mamme in salute, senza farle morire dopo
aver partorito per cattive condizioni igieniche ma sopratutto dar
loro strutture adeguate e condizioni igieniche “decenti”.
Il sesto obbiettivo è
quello di combattere l'AIDS, la malaria e altre malattie gravi; si
cerca di fermarle e di ribaltare l'andamento della malattia. Ogni
anno ci sono ancora più di due milioni di casi e circa la metà
muoiono. Si cerca anche di ottenere vari medicinali per curare la
gente più povera.
Il settimo obbiettivo e
l'ottavo obbiettivo sono strettamente collegati e riguardano gli
scopi più generali dell'ONU cioè la difesa della vita e della pace.
Gli stati dovrebbero smettere di farsi la guerra, smettere di
comportarsi come bambini egoisti e di spendere somme astronomiche per
le armi, puntando invece alla cooperazione e alla difesa
dell'ambiente per le future generazione. Il settimo obbiettivo è
quello di assicurare la sostenibilità ambientale, evitando che il
consumo delle risorse sia maggiore di quanta roba si produce.
Dimezzare le popolazioni che sono senza acqua, garantirne per tutti.
Rendere più abitabili le
periferie del terzo mondo e ridurre la spazzatura.
L'ultimo obbiettivo vuole
insomma che i paesi del mondo la smettano di comportarsi da bambini,
di farsi la guerra tra di loro e di spendere soldi in armamenti, ma
spenderli per i poveri.
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