E’ il giorno 10 novembre del
1996 ed io, Aurora Paretti, sono sdraiata sul mio comodo letto in camera mia.
Sono le 6.00 di mattina e sono già sveglia per colpa del mio fratellino. Ha sei
mesi, e di notte piange sempre, ogni notte, alle 3, sempre alle 3.
Sono sempre le 6.00 e il
tempo sembra non passare. Guardo l’orologio e vedo che le lancette non
avanzano. “Saranno le batterie” penso tra me e me. Allora scendo dal letto,
salgo sulla scala, metto a posto l’orologio e quando sto per scendere mi
squilla il telefono.
Scendo velocemente le scale,
prendo il cellulare: “Anna”.
<<Perché Anna mi chiama
a quest’ora?>>
Rispondo:
<<Auroraaaaaa>>
<<Calma, dimmi, che
succede?>>
Perché non sei davanti a
scuola?>>
…<Ma sono le 6 del
mattino…>>
<<No cara, sono le
8.00>>
Attacco veloce la chiamata,
mi vesto e inizio a correre verso la fermata.
Appena arrivo mi fermo per
riprendere fiato, guardo l’ora: le 8.10; “Sono arrivata in tempo!” Penso.
Arriva il bus, salgo e mi
vado a sedere. Dopo un po’ mi accorgo di essere vicino ad un ragazzo; mi giro e
noto che, essendo nuovo, è bellissimo.
<<Ciao>> Gli
dico, ma lui non risponde, allora decido di dargli una pacca sulla spalla.
Lui si gira di scatto e mi
guarda storto. Lo vorrei distogliere lo sguardo, ma non ci riesco; mi sono
innamorata di lui, ma soprattutto dei suoi bellissimi occhi verdi che si
abbinano perfettamente a quelle lentiggini in faccia e a quei rossi capelli
mossi.
Con una vocina melodica mi
scuso <<Ciao, scusami per la pacca, ma non rispondevi e visto che sei
nuovo, volevo fare amicizia con te!>>
Lui accetta le mie scuse,
iniziamo a parlare e appena arriviamo a scuola lui mi chiede:
<<Ascolta Aurora…sei
stata l’unica ragazza che mi si è avvicinata perché, sai, molte mi dicono che
mi puzza l’alito…>>
Em… io purtroppo ho problemi
con il naso, perché a due anni mi avevano operato al naso ed ora non sento più
gli odori, neanche l’odore del cioccolato.
Visto che mi dispiace per lui
ho fatto finta di niente, non ho voluto dirgli la verità, ma va bene così.
Un altro faticoso giorno di
scuola è passato, ritorno a casa e trovo mia mamma che piange.
Le vado incontro, mi siedo
vicino a lei e le chiedo.<< Mamma ma che succede? Ti vedo triste
e…>> Non mi ha dato neanche il tempo di rispondere che mi tira un ceffone
in faccia.
Io mi arrabbio e me ne vado
in giardino, fregandomene di tutto e di tutti. DA lontano vedo un cane
randagio, ho paura e incomincio ad urlare.
Mia mamma mi sente, scende,
viene in giardino e mi da un altro schiaffo.
<<Scema!>> Le
urlo, le tiro un pugno in faccia e lei cade a terra come una pera cotta.
Mene torno in casa piangendo.
Mi sdraio sul letto e guardo
l’ora: le 3 di notte…
“Ma è impossibile” penso; è
pomeriggio!
Sto per la terza volta per
cambiare l’ora, ma sento mio fratello piangere, Per sbaglio faccio cadere
l’orologio, cade e si rompe.
Vado a vedere mio fratello.
Roby, che è steso per terra a pancia in giù e piange. Lo alzo, lo rimetto nel
suo lettino e ritorno in camera mia, salgo sulle scale per togliere il chiodo e
quando poggio il piede sull’ultimo gradino, la scala inizia a muoversi e dopo
pochi secondi qualcuno mi spinge e mi butta a terra.
Mi sveglio con una musica
bellissima, che mi fa rilassare, apro gli occhi emi trovo sdraiata su un
lettino, con sopra una piccola lucina e intorno un flacone di flebo, con dentro
del liquidi giallastro e un filo che prosegue fino al mio braccio.
<<Come stai?>> Mi
chiede ad un tratto una signora vestita di bianco.
>>Sto bene, ma cosa è
successo, perché sono in ospedale?>>
<<Sei caduta dalle
scale, hai battuto forte la testa e ti abbiamo dovuto operare!>> Provo a
sentire le parole che mi sta dicendo, ma non ci riesco; vedo tutto sfocato e
sono molto confusa.
Mi alzo dal letto per andare
da mia mamma, che è seduta in sala d’aspetto.
Prendo il flacone di flebo
per portarlo con me e inizio a camminare…
Attraverso il corridoi e vedo
cose che i miei occhi non avevano mai visto: c’erano persone anziane con la
carrozzina, altre camminavano zoppe. Poi donne che sorridevano per l’arrivo di
un nuovo individuo che potrebbe cambiare il mondo, ma anche donne che
piangevano disperate sulla spalla di un uomo per non so cosa… e poi c’erano i
bambini con quelle minuscole labbra sempre girate all’insù e quei minuscoli
occhi spalancati, pieni di dolore e tristezza, ma che in fondo, in fondo
nascondono più gioia e felicità di un bambino che incontri al parco giochi. E
pur essendo pelati o andando in giro con la flebo, hanno sempre un sorriso
stampato in faccia, che ti trasmettono allegria. Grazie a loro ho capito cosa
voglio fare da grande.
…
Caro fratellino, questa
lettere l’avrei voluta scrivere più avanti, ma non c’è l’ho fatta.
Volevo iniziare col dirti che
sei fantastico ed io avrei voluto insegnarti molte cose, ma purtroppo non ci
riesco.
Non so quanti anni avrai
quando leggerai, ma voglio che tu sappia che ora io sono qui, sdraiata su un
lettino bianco, con solo un camice addossi e mille aggeggi nel braccio. Un
posto buoi, dove la luce penetra a malapena dalle persiane; un posto cove,
grazie agli occhi di un bambino, puoi ritrovare la felicità!
Io ti consiglio di fare il
medico da grande perché, fida...
FINE ALICE ANTONUCCI.
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