domenica 13 marzo 2011

Il nuovo mondo

La storia che vi sto per raccontare è accaduta veramente, non so come, ma è accaduta.
Era una mattina come tutte la altre, stavo andando a scuola, quando, improvvisamente, tutto accanto a me sparì, ogni cosa.
Dopo vari secondi a vagare nel nulla, caddi a terra.
Quando mi alzai, mi guardai intorno: tutto quello che conoscevo era sparito, strade, prati, la mia casa, tutto era stato rimpiazzato da enormi grattacieli a perdita d’occhio, alti più di 300 metri e colorati di un blu intenso.

Anche il cielo era cambiato: non era più blu, era rosso, un rosso spento e cupo. Ma notai anche che non c’era il sole, c’era solo una fonte di luce bianca accecante, che illuminava tutto quanto.
Cominciai allora, completamente confuso, a vagare fra i grattacieli e, fra un grattacielo e l’altro, vidi passare  delle persone come me, ma vestite in un modo strambo e francamente orrendo.
Corsi subito da una di esse e le domandai: ”Dove mi trovo?”
Questa, un po’ stupita della mia domanda mi rispose: ”Come dove sei? Sei a New York City, la città più grande del pianeta!”
Rimasi di stucco. Non poteva essere New York, la città non era così, a meno che…
Le chiesi ancora: ”M- ma…In che anno siamo?”
Questa, ancora più stupita di prima, mi rispose: ”Ragazzino, siamo nel 3660, ma non lo sai?”
A quella risposta quasi svenni.
Ma, a quel punto, mi venne in mente un’altra domanda: “Siamo sulla Terra vero?”
La persona mi rispose: "Ma sei andato fuori di testa sul serio ragazzo, la Terra è andata distrutta mille anni or sono, qui siamo sul pianeta gemello della Terra, Eclis 9!"
"Oddio", pensai, "Sono finito da qualche parte nell’universo!"

Ormai ero completamente demoralizzato, ero convinto che non sarei mai tornato a casa.
Improvvisamente mi venne una gran sete, faceva molto caldo. Dopo diversi minuti di ricerca, trovai un bar e, pur non avendo in tasca un centesimo, entrai. Quando entrai, vidi che tutti  bevevano una bevanda rossa, dalla puzza nauseante.
Così uscii di nuovo e mi sedetti ad un tavolino esterno, e aspettai, cosa non lo so ancora adesso.
All’improvviso sentii una voce che mi disse: “Insopportabile quella puzza, eh?”
Mi girai e vidi un ragazzo alto all’incirca come me, ma, dal tono di voce, molto più grande di me.
“Già!” risposi.
“Non sei il primo, ragazzo” mi disse ancora.
“Il primo di cosa?” risposi.
"A essere stato trasportato qui, sai!"
Parlammo un po’, costui mi disse che altra gente era stata catapultata in questo mondo, e che era colpa di un buco spazio-temporale causato involontariamente da alcuni scienziati della Terra. Disse che ero in pericolo: pur essendo una scoperta terribile era anche una scoperta scientifica molto importante, e perciò degli scienziati di Eclis volevano difenderla, a tutti i costi. Lui conosceva un modo per farmi tornare a casa: disse che uno scienziato, che abitava non molto lontano da lì, aveva trovato il modo per trasportare, attraverso il buco spazio-temporale, qualsiasi cosa.
“Non ti ho ancora chiesto qual è il tuo nome?” gli chiesi.
“Marc” mi rispose. “E il tuo?”
“Mattia” risposi.
Così mi accompagnò. Camminammo per circa cinque minuti, prima di accorgerci di essere seguiti da due uomini, che poi riuscimmo a seminare. Finalmente arrivammo. Entrammo in uno scantinato, pieno di oggetti fluttuanti e stranissimi.
E in un angolo vedemmo lui, lo scienziato, indaffarato.
Appena Marc attirò la sua attenzione questo estrasse una strana arma e la puntò addosso a Marc: “Cosa volete?” chiese lo scienziato terrorizzato.  “Vogliamo solo la macchina per tornare alla Terra!” gli rispose Marc.
“Mai!” ribattè e abbassò l’arma.
Ma a quel punto Marc estrasse a sua volta un’arma e la puntò addosso allo scienziato.
Allora lo scienziato consegnò a Marc uno strano braccialetto e gli disse di mettermelo al polso.
Lo scienziato disse che, se fossi tornato a casa, il buco si sarebbe chiuso.
Ma Marc non lo ascoltò, mi mise il bracciale e lo accese. Stavo per tornare a casa ma...
Lo scienziato alzò di nuovo la pistola, la puntò verso di me e sparò.
Dopo quello sparo non ricordo più niente.
So solo che, quando mi risvegliai , al polso tenevo ancora il braccialetto.
Mattia Migliaccio

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